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I dannati dell'oceano

Regia di Josef von Sternberg vedi scheda film

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La recensione su I dannati dell'oceano

di Antisistema
10 stelle

Due mondi del medesimo spaccato sociale, quei bassifondi a lungo ritratti da Joseph Von Sternberg, che nei "Dannati dell'Oceano"  (1928), trovano la più compiuta espressione. L'immagine pulita di New York, viene immediatamente sporcata dai vapori asfissianti e la fuliggine delle caldaie di una nave, nella quale i fuochisti vi spalano a ritmi serrati il carbone. Le scenografie di Hans Dreier, abbracciano una grandezza titanica, amplificata dagli effetti della fotografia di Harold Rosson, che rifulge da ogni realismo nell'illuminazione, a favore dello scavo degli effetti dell'ambiente sui sentimenti dei personaggi. 

Sternberg risulta poco interessato a fare un discorso "politico" sulle condizioni lavorative, in questo spaccato di New York assai poco "glamour". Le immagini pennellano passioni e conflitti psicologici, attraverso la fiumana umana di volti, nauseati dallo squallore in cui si ritrovano, constatando con amarezza di non poterne uscire. Il mondo notturno, assume il riflesso tetro della morte, la stessa a cui agogna la prostituta Mae (Betty Compson). L'acqua sporca e fradicia del porto la respinge dal proposito, grazie all'intervento salvifico di Bill Roberts (George Bancroft), fuochista per una nave appena attraccata nel porto ed in licenza per appena 24 ore. 

Non c'è molto per cui essere felici. La bellezza di una vita ritrovata, subito lascia spazio al dolore di un'esistenza infelice. Poco importa che venga condiviso con l'amica Lou (Olga Baclanova), entrambe sono anime perse, come tutti quelli presenti in quello squallido luogo.  Il The Sandbar, un saloon che al contempo funge da bordello, diventa oggetto dei movimenti di macchina, capaci di raggruppare in sé, un dinamismo festante solo in apparenza, ma in realtà pregno di infelicità. 
George Bancroft, conferisce un fascino titanico, al rozzo Bill, che si muove solo sulla base degli istinti primitivi basati sul mangiare e farsi valere con i propri muscoli nelle risse. Il braccio di cui mostra fieramente la potenza, ha tatuato su di esso le sue tante conquiste, mostrandolo a Mae, con estremo orgoglio. Ma in lui risulta assente ogni dimensione di stabilità, in quanto alla domanda della donna se abbia mai contratto matrimonio, egli risponde che nessuno avrebbe mai sposato uno come lui. Il suo amore è l'oceano, la terraferma è solo un ristoro momentaneo da cui distaccarsi appena riparte la nave. La stessa Mae, non ripone molta fiducia sul potersi sposare un giorno, dato il suo passato di prostituta. Entrambi sono figure senza passato e prive di prospettive concrete. I loro corpi sono uno davanti all'altro, ma i volti sono protesi verso altre direzioni. 


I fumi dell'alcool fanno fare follie, così Bill, un pò perchè ubriaco e un pò per portarsi a letto la bella Mae decide di sposarla la sera stessa! Sternberg costruisce una scena di matrimonio, seconda per intensità emotiva nella storia del cinema solo a quella di "Aurora" di Murnau (1927), ma al contempo nelle immagini nasconde una stratificazione tematico-concettuale, assai variegata. La solennità del prete, viene presa poco a poco sempre più sul serio da Mae, conscia di poter dare una svolta alla sua vita, mentre Bill Roberts, vive l'evento come se fosse un mero gioco, da cui desidera tirarsene indietro il giorno seguente. 
La bizzarra scena nunziale, porta con sé contrasti emotivi forti da parte di una folla, prima fracassona, poi catturata appieno dal momento importante. I fumi delle illusioni notturne, lasciano spazio alla disillusione del giorno dopo. 
La sensualità della sera, attraverso le gambe bagnate di lei ed i veli degli abiti ed indumenti, porta su di sé l'amara verità; una notte di sesso, costruita su un legame eterno fasullo. Sternberg rifulge da facili contrapposizioni melodrammatiche di bassa lega, per andare al cuore della sua indagine; le emozioni dei personaggi.

Il pianto di dolore di Mae, invade l'inquadratura stessa, rendendo l'immagine bagnata, in un uso espressivo della soggettiva, che scardina il mero punto di vista, per diventare vissuto emotivo stesso. Un uso efficacemente narrativo della tecnica, ben lontano da ogni formalismo fine a sé stesso. Lo stizzito Bill, le prende l'ago e filo, infilando quest'ultimo nella cruna dell'ago, ribaltando i ruoli-uomo donna, a favore di nuove frontiere nei ruoli maschio-femmina. 
La luce in Sternberg diventa mezzo espressivo di una storia, di dolore e passioni come possibilità di riscatto. La notte con quei bagliori intensi, che fendono la nebbia, lasciano spazio all'illuminazione vivida della seconda parte di film, diurna. 
Lontano da ogni traccia retorica e facili schematismi, nel suo ultimo film muto Sternberg dà a fondo a tutto il proprio lavoro sulle possibilità creative dell'immagine, che nelle opere successive, conoscerà un'esasperazione iper-barocca, in netto contrasto con la sobrietà qui mostrata. Lo stesso finale, mostra quel che sarà di fatto la vita stessa di Bill e Mae, un legame di bassi e qualche alto, perchè l'investimento emotivo di quest'ultima, non sarà mai capito sino in fondo dal sempliciotto marinaio. 

 

locandina

I dannati dell'oceano (1928): locandina

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori del cinema: //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

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