Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Qual è l’obiettivo di questo piccolo documentario esistenziale? Quello di far scoprire agli americani (dunque al mondo, perché dagli Stati Uniti che parte il sentire del mondo) come lavora (e perché lavora) Federico Fellini, che nel 1969 era già il fiore all’occhiello della cinematografia nostrana. Più che un’autoanalisi sulla sua concezione di cinema, è un autoritratto gioioso e sereno sul mestiere dell’artista. Pur non aggiungendo niente al percorso professionale ed umano di Fellini, Block notes di un regista ha uno scopo squisitamente didattico e formativo e spiega in termini non definitivi (ovviamente, il divenire felliniano era in pieno movimento, non sarebbe stato possibile porre un punto alla sua parabola ed andare a capo per parlare d’altro) il fellinismo e le sue conseguenze nell’universo del regista. L’autointervista (che poi prenderà connotati più nitidi nell’“Intervista” del 1987) ha retrogusti dolci e coinvolti, complici anche le presenze di Giulietta Masina (e della sua Cabiria), Caterina Boratto (eterea), Marcello Mastroianni (sornione), Pasqualino De Santis, le comparse del Satyricon che in quel momento stava realizzando, gioca col cinema con pudica emozione: Federico è come un bambino che spiega perché gli piaccia costruire una casa con i Lego. Non è niente di che, in fondo, non è un capolavoro, non è un’opera indispensabile, ma è un interessante esempio di check-up di un artista.
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