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Block-notes di un regista

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su Block-notes di un regista

di EightAndHalf
6 stelle

Un documentario di Fellini è pur sempre un film di Fellini. Può anche essere un documentario su commissione, ma non possono mancare quella leggadria formale e quell'eleganza caotica che, a prescindere dai contenuti, ci ricordano il miracolo felliniano e il miracolo del Cinema.

 

 

Block-notes di un regista rientra senza dubbio tra i Fellini "medi", non essenziali ma superiori a molti altri suoi prodotti un po' stanchi e manierati. Per un contratto firmato con la Nbc, Fellini realizza questa sorta di introspezione autoriale in cui elabora e mette in scena il suo stesso processo creativo, con particolare attenzione alle modalità con cui si sceglie un attore e si cerca di imprimervi ciò che il regista ha nella sua immaginazione. In tal senso risulta fondamentale la sequenza di Mastroianni, latin lover di straordinario successo, grande amico di Federico Fellini, ma privo della giusta maschera per il personaggio mai realizzato del regista riminese, Mastorna, per quel suo Viaggio che rimase per sempre un sogno nel cassetto. Non si discostano molto, d'altro canto, il set del futuro mai realizzato Viaggio di Mastorna e il set del regista di 8 1/2, entrambi conservano quell'aere ipnotico e ventoso che concentra in se stesso tutto il mistero dell'esistenza del singolo uomo come di tutti gli uomini: la parte più genuina del vagabondare fisico e metafisico di un personaggio, immerso necessariamente in una nebbia portatrice di dubbio e di incoerenza.

 

 

La vita è un viaggio, e in Block-notes di un regista ci viene reso noto quando si pone l'attenzione sulla ricerca delle facce giuste per le comparse del Fellini-Satyricon, tra i film di Fellini il meno convinto e il più "sbrodolante" di vezzi e maniere un po' aride.

Fellini girovaga fra le rovine dell'Antica Roma ed estende fin allo sguardo dello spettatore i passaggi del suo laboratorio mentale (attingendo e riproducendo anche certi ricordi d'infanzia), immaginando che certi romani abbastanza volgari ma genuinamente veri (non è un caso che uno di loro dichiari di aver lavorato con Pasolini) diventino improvvisamente centurioni e matrone, impegnati in corteggiamenti caotici e confusi oppure in combattimenti all'ultimo sangue. Così come, nella metropolitana che nasconde dietro pareti di cemento il passato di ben sette civiltà diverse, si vanno trasfigurando (o materializzando, come dice lo stesso regista) le figure che poi saranno onnipresenti nel Satyricon tratto da Petronio (con la conseguenza ironica e fulminante che l'archeologo si sente male di fronte a simili visioni, forse pressato dalla gigantesca forza immaginativa del cinema felliniano stesso).

 

 

La differenza fra l'edizione americana di Block-notes di un regista, di 50 minuti, e quella italiana, di 36 minuti, è un insieme di scelte portate avanti dallo stesso Fellini, e che finiscono per far prevalere un ulteriore generale senso di disorientamento. Fellini toglie la sequenza in cui Giulietta Masina associa il suo personaggio di Cabiria a una borgatara romana simile a tutti quelli che proprio Fellini cerca di reclutare (forse vedeva questa sequenza troppo "pubblicitaria", eccessivamente autoreferenziale?), e taglia un po' delle sequenze del mattatoio e dei provini finali, eliminando oltretutto una voce fuori campo che, nella versione americana, confessa generosamente che lui, Fellini medesimo, "ha bisogno di tutte quelle persone, e non il contrario", benché sembri proprio che tutti i più diversi esseri umani cerchino di entrare nelle grazie del regista per guadagnare qualche spicciolo o cercare, più semplicemente, la gloria. Fellini, un po' come Pasolini, ammira il candore un po' brutale di simili esseri umani, non li guarda mai con sufficienza (nonostante la sua voce stanca e annoiata di fronte a moltissimi provini, con un conseguente senso di straniamento che rivela grandi capacità autoironiche), ma dichiara di dipendere concretamente da loro. Affermazione che non si sente nella versione italiana: forse è troppo scontato, troppo "illustrativo", su misura del facilone pubblico americano (preso in giro quando un pullman di donne americane si ferma di fronte casa di Mastroianni per salutarlo e idolatrarlo)? Quello che importa davvero, alla fin fine, è il risultato finale: un documento (o un finto documento?) che gioca come altrove, nel cinema di Fellini, con il rapporto fra verità e menzogna e fra oggettività e sguardo autobiografico, ricco di tutti quegli stilemi già presenti in film precedenti, ma di cui davvero non ci si può mai stancare.

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