Regia di Carlo Lastricati vedi scheda film
All’epoca Gina Lollobrigida era la nostra diva più amata all’estero. Qualche mese dopo sarà scalzata da Sophia Loren, soprattutto per merito di Carlo Ponti che seppe imporla nel panorama internazionale come icona dell’italianità. Prima dello spodestamento di Donna Sophia, la Gina nazionale ebbe il tempo di recitare in questo prodotto senza arte né parte costruito con l’unico obiettivo di essere esportato. Storiella di infimo valore, oleografica (fotografia da cartolina di Giuseppe Rotunno) e senza una reale ragione d’essere che non fosse piacere agli americani, è un’accozzaglia di luoghi comuni e stereotipi che si vorrebbe inserire fuori tempo massimo nel filone del neorealismo rosa.
Ma ad Ettore Margadonna la ciambella riuscì una volta (Pane, amore e fantasia), Dino Risi in sede di sceneggiatura è ininfluente e la regia dello sconosciuto Carlo Lastricati è inesistente, nonostante l’effettiva direzione fosse nelle mani di Vittorio De Sica. Tre divi da esportazione: Gina fa l’abruzzese verace di ritorno dagli States, Vittorio il prete di montagna, Amedeo Nazzari il fabbro. C’è pure Peppino come farmacista in cerca di moglie, ma era abituato a film anche peggiori. Dimenticato nel corso del tempo, nonostante ai tempi vinse addirittura il David per la miglior produzione (ossia Milko Skofic, marito della Lollo).
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