Regia di Stelvio Massi vedi scheda film
In quel momento Maurizio Merli era all'apice del personale successo, impegnato in un superlavoro sul set: doveva dividersi fra città violente, sbirri impotenti, malavitosi implacabili e in questo bel daffare doveva pure sbrigarsela tutta da solo. Perchè, come le precedenti creature (tutte col medesimo grado di commissario di polizia) che lo hanno visto protagonista, Betti e Tanzi, anche questo Mariani non è che l'incarnazione della giustizia privata che va oltre e contro il codice, l'ennesimo sguaiato (perchè eccessivo, esasperato, colmo di inverosimiglianze) inno al lato fascistoide delle forze dell'ordine. Stelvio Massi è un modesto regista già abituato al genere (l'anno precedente aveva diretto anche La banda del trucido, con Thomas Milian nei panni del Monnezza) e si era già incontrato con Merli per Poliziotto sprint (1977); qui la sceneggiatura di Roberto Gianviti non fa che ricalcare i soliti, ormai consumati standard del filone, senza abusare nelle scelte drastiche (l'azione non è poi tantissima, la volgarità è piuttosto contenuta). Nel cast troviamo anche la splendida Janet Agren ed Ettore Manni, collega di Merli nella finzione. Film citato da Elio e le storie tese nel cd Studentessi per una curiosa omonimia fra un personaggio della storia (Sergio Conforti) ed il tastierista della band; altri motivi per cui Il commissario di ferro si ricordi o si possa distinguere dalla massa dei contemporanei lavorucci, sbrigativi e raffazzonati, di questo tono, non ce ne sono. 2,5/10.
Il commissario Mariani adotta metodi talmente rudi da essere confinato in un ufficio di periferia. Quando i malviventi gli rapiscono il figlioletto, però, il brutale energumeno non ci vede più.
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