Regia di Louis Nero vedi scheda film
Partendo dal litigio tra due giovani amanti – lei è esasperata perché lui gira intorno alla proprie velleità di scrittore – Pianosequenza si getta a capofitto in un rivolo di storie (dieci in tutto, molto carina quella sul Cupido e il suo coniglietto-messaggero) che si collegano e si scollegano al ritmo dettato dagli intrecci del destino. In realtà il moltiplicarsi dei piani narrativi e dei personaggi, più che al racconto polifonico, rimanda al cupio dissolvi dell’idea stessa di narrazione. Si accumulano situazioni che si autoannullano tornando al punto di partenza. Un film ermetico? Non tanto, se si accetta come fulcro tematico la riflessione sul linguaggio e la sfida alle possibilità del mezzo. 123 minuti di piano sequenza digitale: ci volevano una capacità tecnica e un coraggio che al giovane regista Louis Nero (classe 1976) non mancano. Consigliamo solo un pizzico di umiltà in più. Partire da Sokurov definendo «superficiale» la sua idea base del piano sequenza come unica inquadratura fissa, è una follia. Anche perché alcuni dei piani sequenza più belli del cinema (quello di Widmark e Stewart sulla riva del fiume in Cavalcarono assieme) sono splendidamente, inesorabilmente immobili.
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