Regia di Erich von Stroheim vedi scheda film
Foolish Wives è il terzo film da regista di E. von Stroheim, successivo al perduto La chiave del diavolo (1920), forte personalità dalla carriera travagliata in particolare dal suo rapporto con i produttori. Prodotto dalla Universal di Irving Thalberg, nipote di Carl Laemmle, Femmine folli è considerato uno dei migliori esiti del suo autore e all'epoca ebbe un notevole successo mondiale, eppure il film fu martoriato dai tagli distributivi a causa della sua enorme durata (oltre ottantamila metri di pellicola per oltre otto ore), inizialmente montata a quattro ore ma poi ridotta a due, e a causa della sua carica disturbante e critica nei confronti tanto dei valori sociali logorati sia europei che americani, quanto della decadenza nobiliare e della irredenzione delle classi umili (con la sola eccezione della ragazza minorata [Malvina Polo], vittima impotente e innocua). Il film infatti costò un milione di dollari, soldi che nonostante il successo non furono del tutto recuperati, maturati per via del perfezionismo assoluto di Stroheim che fece ricostruire in studio la città di Montecarlo, superando la Babilonia di Intolerance di David W. Griffith, regista con cui collaborò. Una versione restaurata di 141 minuti è visibile nel dvd Ermitage.
Femmine folli prende di mira la grettezza di tutto il genere umano a tutti i livelli sociali per mezzo di una storia di raggiri, inganni, seduzioni, cinismo, egoismo, codardia e ipocrisia di rara eloquenza, usando il melodramma dalle venature grottesche, ironiche (compare un libro intitolato proprio Foolish Wives), amare e a volte anche dolenti, in cui il sedicente conte russo Karamzin (E. von Stroheim), sostenuto dalle presunte "cugine" Olga e Vera (M. George e M. Bush), vorrebbere estorcere denaro alla moglie (Miss DuPont) del diplomatico americano Hughes (Rudolph Christians). Il conte però non ha scrupoli nemmeno nei confronti della cameriera che dovrebbe sposare (Dale Fuller) cui toglie i risparmi e che impazzisce poi per gelosia, e non esita ad importunare la figlia minorata del falsario suo collaboratore (C. Gravina), il quale risolverà tutto a modo suo...
Il film spicca per le qualità tematiche che scandalizzarono parecchi all'epoca vista la scabrosità morale dei personaggi che metteva in cattiva luce ogni donna americana e la falsità delle strutture sociali e delle relazioni interpersonali, tematiche egregiamente evidenziate da uno stile che, anticipando l'avidità dell'altro travagliato Rapacità, usa il realismo alternato a sequenze di allucinazione che fanno pensare all'espressionismo, dalla fotografia sensibile alle sfumature luministiche e ai forti neri, ricorrendo alternativamente alla colorazione della pellicola (il blu della notte, il rosso dell'incendio, ecc.).
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