Regia di Erich Von Stroheim vedi scheda film
Per il suo primo film da regista (1919) l'umile ebreo austriaco E. von Stroheim, che aveva già iniziato da un pezzo a costruirsi intorno l'aura di nobile (falso) dalla carriera militare (vera) e che sarebbe diventato uno dei maggiori cineasti mondiali con pochi titoli e uno dei migliori attori in circolazione, adatta il suo racconto The Pinnacle, ambientato a Cortina d'Ampezzo e che ripropone il solito triangolo amoroso, qui una coppia americana (S. De Grasse e F. Billington) tra cui si intromette il tenente farabutto e seduttore interpretato con notevole malizia e cinismo dallo stesso regista, sullo sfondo alpestre, luogo sacro e punitivo dove una scritta attaccata ad una parete afferma non essere possibile commettere peccato. Per mere logiche commerciali, cui tra l'altro sorrise il successo di pubblico, il titolo fu cambiato dalla produttrice Universal in Mariti ciechi (casa con a capo Carl Laemmle, zio di William Wyler e futuro produttore di classici immortali come Frankenstein di James Whale).
La storia è abbastanza convenzionale e non proprio entusiasmante ma i meriti del film stanno nella caratterizzazione dei protagonisti, nella presenza scenica di Stroheim, negli aspetti feticisti della seduzione e nella tecnica che si avvale di effetti coloristici della pellicola (il marrone ordinario che è alternato dall'azzurro del paesaggio nevoso, dal verbe della vegetazione e dal rossastro dell'aurora) e dell'uso immaginifico dello specchio, sulla cui superficie in un angolo appaiono i pensieri della donna che si riflette.
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