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L'uomo che ho ucciso

Regia di Ernst Lubitsch vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che ho ucciso

di Baliverna
6 stelle

E' un film drammatico sulla terribile realtà della guerra, con la scia di morti e di odio che si trascina dietro. La pellicola mi sembra inoltre meditare sull'assurdità della guerra stessa, che porta uomini estranei, che non hanno nulla di personale l'uno contro l'altro, o peggio che erano amici da civili, ad uccidersi l'un l'altro senza una vera ragione che non sia la ragion di stato. In particolare il regista tedesco di sofferma sul problema della responsabilità personale - difficile da quantificare - nell'omicidio compiuto sul campo di battaglia. L'assenza di una specifica intenzione omicida non sminuisce però la crudeltà dell'atto. Il prete dell'inizio non è in grado di risolvere il complesso problema della responsabilità del singolo in questi frangenti, e gli dice anche delle parole sbagliate. Però dà all'uomo il giusto consiglio di fare conoscenza con la famiglia del caduto. Lubitsch comunque fa dei sarcasmi sui numerosi ufficiali armati presenti in chiesa, il significato del luogo sacro che rimane vano, la loro responsabilità nella tragedia e il loro non essere affatto cambiati.
Secondo me il genere drammatico non è nelle corde di Lubitsch. Il film, lodevole nelle intenzioni e condotto con cura, soffre però di una certa lentezza e di una leggera debolezza. Gli attori sono tutti bravi, ma il regista sembra un po' camminare sulle uova, tranne appunto che in un unico passo di commedia. Si percepisce immediatamente che il registro è di nuovo quello di Lubitsch, dove si muove con sicurezza e disinvoltura: belle battute, arguzie, ironia, umorismo delizioso. Mi riferisco a quando le pettegole del caseggiato diffondono la notizia della presenza del francese in casa del dottore. Molto spiritosa l'idea del negoziante che alza il prezzo del vestito.
E' un film da vedere, che contiene delle buone riflessioni sulla guerra, ma tra i meno rappresentativi e meno riusciti di Lubitsch.

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