Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
Al termine di un concerto tenuto negli Stati Uniti, il famoso direttore d'orchestra polacco John Lasocki (John Gielgud) riceve la visita di Marta (Krystyna Janda), violinista sua conterranea nonché figlia di un suo grande amore di gioventù. La madre di Marta è deceduta da tempo ma la somiglianza tra madre e figlia smuove qualcosa nell'anziano musicista, il quale decide di tornare in patria dopo 50 anni d'assenza per dirigere la Quinta di Beethoven con la piccola orchestra di provincia in cui suona Marta. A cedergli la bacchetta e il controllo dell'orchestra è l'insicuro e ambizioso marito di Marta, Adam (Andrzej Seweryn). Per lui il confronto col grande direttore e l'istintiva affinità che lo lega a Marta risulteranno particolarmente gravosi e faranno emergere ancor più nette la sua gelosia e le sue mancanze tanto nel rapporto con la musica quanto in quello con la moglie.
Nato, come segnalano i titoli di coda, da una chiacchierata col direttore d'orchestra Andrzej Markowski, è un film sul rapporto con la musica come prisma di altre, più ampie e profonde relazioni. Il tema del "dirigere e farsi dirigere", nei diversi approcci di Lasocki e di Adam, riecheggia sia alcuni motivi del legame tra Marta e il marito che un motivo politico più generale. È anche un film ispirato alla Quinta di Beethoven, o meglio, a certe sue interpretazioni e traduzioni. Lo stesso Lasocki ricorda all'orchestra che della Quinta si è detto che rappresenta "il destino che bussa alla porta" e propone ai suoi musicisti di provare a scoprire "a quale porta". Alla fine apparirà ovvio che il destino stesse cercando soprattutto il grande direttore d'orchestra, anche se in realtà le vite di tutti e tre i protagonisti principali subiranno decisi cambiamenti.
All'apparenza Marta e Adam mostrano entrambi difficoltà e insicurezze sia nella coppia che nella professione (lei sempre meno col procedere del film), ma mentre Marta lo riconosce, è in contatto con le proprie emozioni e cerca all'occorrenza una guida, il conforto e la collaborazione, ad Adam manca quella consapevolezza, e se anche a tratti dimostra fragilità e insicurezza quand'è solo con Marta, di fronte all'orchestra si impone di "addestrare", si rivela autoritario e puntiglioso fino all'isteria (come fa notare Lasocki: "i giovani direttori pensano che l'orchestra vada addestrata, invece va amata"). Quando infine Adam arriva a cedere alle pressioni dei vertici del Partito che vogliono fare del concerto uno strumento di propaganda inserendo nell'orchestra i migliori musicisti della nazione e trasmettendo il concerto in mondovisione, sarà Marta a chiarire al marito che: "Tu non fai musica per essere libero, ma per la gloria, la carriera e il potere. Tu sei lì per farti vendere e comprare, è per questo che la musica ti stanca, perché è ciò che conta meno di tutto. Lascia questa professione, ci sono altri mestieri dove l'odio potrà esserti utile".
Il film ha una doppia natura che ne varia i toni e gli equilibri interni in maniera sfuggente e stimolante. Da un lato ci sono i motivi più cupi e intricati portati dal rapporto difficile tra Marta e Adam e dall'intromissione della politica nella sfera dell'arte. Un groviglio, quest'ultimo, poco compatibile con la "libera" espressione musicale e incarnato al meglio dall'approccio alla musica severo, cinico e disincantato del giovane direttore Adam. Per contro, il ruolo dell'anziano maestro è tratteggiato invece all'insegna di una grande, ariosa leggerezza e della piena armonia con cui vivere arte e passioni. Leggero è lo stimolo, il ricordo che lo raggiunge e lo riporta in patria, quasi un istinto alla ricerca di una melodia o di un concerto da completare a distanza di 50 anni. Nel rapporto con Marta e con la zoppicante orchestra di semidilettanti Lasocki trova il piacere di riscoprire il proprio paese attraverso le persone, la loro semplicità e le loro emozioni, che sono il vero linguaggio comune tra musicisti (linguaggio per cui, non a caso, Adam dimostra tutta la sua stizzita inettitudine).
Una variazione particolare: la leggerezza di Lasocki prende quasi i tratti impalpabili del sogno in diverse occasioni, ma soprattutto quando l'anziano maestro si lascia volutamente andare a "scambiare" Marta per sua madre Anna e durante una cena a due le dice quello che non aveva saputo dire ad Anna in gioventù, dando così modo alla melodia di compiersi con naturalezza (ci sarà addirittura un bacio). In questa curiosa relazione Wajda evita (come si suol dire: magistralmente) l'inverosimile e il ridicolo in agguato affidandosi proprio alla leggerezza tipica degli artisti assorti nel proprio mondo, richiamando la semplicità con cui la violinista e il direttore d'orchestra trovano un punto d'incontro nel loro modo di vivere le emozioni, in come entrambi riconoscono, seguono e usano le emozioni per connettersi alle espressioni emotive altrui, sia nell'orchestra che nella vita (e infatti sia Lasocki che Marta non hanno paura di parlare di "amare l'orchestra" e di "musica come libertà" esprimendo con semplicità concetti che Adam sa solo deridere cinicamente). In quest'ottica non risulta improbabile che i due musicisti riescano a legare su un piano "non materiale" che annulla i condizionamenti dell'età, dimostrando entrambi quella "libertà" (appresa dalla musica) di cui parla Marta.
DIRETTORE D'ORCHESTRA fu citato da Ingmar Bergman tra i suoi film preferiti in una lista stilata per il Göteborg Film Festival 1994. In un messaggio di congratulazioni per aver ricevuto l'European Felix Award, Bergman scrisse a Wajda: "In DIRETTORE D'ORCHESTRA, uno dei tuoi più grandi film, l'anziano maestro ci mostra che la musica non può esistere senza amore. La tua musica, in ogni singolo istante, irradia amore per la tua professione, il paese e la sua gente. Al tempo stesso sei uno degli ultimi a battersi per la cultura europea, restando fedele fino alla morte alla sua visione."
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