Regia di Vittorio De Seta vedi scheda film
Un uomo a metà è il secondo lungometraggio a soggetto dell'ormai 43enne De Seta; nato come documentarista, al suo esordio in Banditi a Orgosolo cinque anni prima aveva confermato la sua predisposizione verso un'estetica di ampi spazi aperti e largo risalto della natura nelle vicende umane. Qui invece la faccenda è addirittura claustrofobica: molta parte di ciò che vediamo accade solamente nella mente del protagonista, probabilmente scritto con lievi accenni autobiografici (sceneggiatura del regista, della moglie Vera Gherarducci - anche scenografa - e di Fabio Carpi). L'impressione di fondo è che De Seta voglia impostare un discorso del tutto simile a quello affrontato solo tre anni prima da Fellini in 8 e 1/2 (l'intellettuale in crisi che non riesce a ritrovare la propria dimensione, i propri spazi e ritmi, angosciato dalla memoria e preoccupato dalle prospettive future); ma che lo voglia sviscerare nella maniera più drasticamente soggettiva: come una sorta di lunga seduta di (auto)analisi, un'ora e mezza di fuga dalla realtà attraverso le fantasticherie, i ricordi, i sogni e le paure di un uomo psicologicamente ferito. Bianco e nero incisivo che aiuta la drammatizzazione del racconto (fotografia di Dario Di Palma, nipote di Carlo), musiche spettrali di Ennio Morricone; il protagonista Jacques Perrin sarà premiato con la coppa Volpi a Venezia. Un uomo a metà è sostanzialmente un invito al confronto con gli altri, partendo dai propri limiti; un'opera evocativa, ma probabilmente dagli obiettivi talmente alti da risultare per forza di cose irraggiungibili. 6/10.
Un giornalista ha appena attraversato un esaurimento nervoso che l'ha portato ad essere ricoverato. Ma forse la crisi non è ancora finita, perchè l'uomo ripensa al difficile rapporto con la madre, a quello insoddisfacente con le donne, al senso di inferiorità nei confronti del fratello...
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