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Così vive un uomo

Regia di Vasilij Suksin vedi scheda film

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La recensione su Così vive un uomo

di Baliverna
9 stelle

Le giornate di un camionista siberiano, tra lavoro e tanti incontri, soprattutto di ragazze. E domande esistenziali.

Notevole questo esordio come regista russo (già attore) Vasilij Suksin, perché già qui si vede la stoffa di un uomo e di un artista non comuni, non certo, cioè, uno che girava film su commissione del governo, senza ispirazione. Non fu l'unico talento a farsi strada con la propria personalità nell'URSS degli anni '60, grazie ad un timido disgelo ideologico e ad un minimo di margine di libertà che fu concesso alla creazione artistica.
La pellicola racconta delle giornate di un giovane camionista che lavora tra i villaggi della Siberia, dove piccole comunità di contadini vivono a contatto con la natura e in un minimo di vita sociale, nell'organizzazione collettivistica del lavoro. Il giovne è un po' sbruffone, scherza sempre (e forse un po' troppo), prende tutto alla leggera e ci prova con tutte le ragazze. Però, per altri versi, è una persona molto seria, soprattutto interiormente. Egli infatti si interroga sui massimi sistemi, cioè il senso della vita, l'amore, la felicità e la morte. Pensa a questi problemi perché non è ancora riuscito a trovare le risposte, nonostante le sue riflessioni e l'osservazione delle molte persone che incontra nel suo lavoro. A proposito, il film è anche un'interessante carrellata di personaggi diversi, sbozzati con pochi ma autentici tratti.
Suksin era un personaggio da una parte ben inserito nella realtà sovietica del tempo, tanto che veniva ufficialmente ritenuto autentico artista popolare, dall'altra per certi versi ci stava stretto o ne usciva addirittura. La sua indole umana lo spingeva oltre i confini piuttosto ristretti del materialismo socialista, e lo portava ad investigare i temi sopra riportati, e a guardare con occhio benevolo la fede ortodossa che aveva visto in sua madre. Il fatto che egli stesso si sentisse castigato in una società e una visione del mondo piuttosto anguste, lo si vede molto bene nel suo ultimo film "Viburno rosso", dove il suo alter ego non riesce a trovare il proprio posto in società. Nella presente pellicola si ravvisa inoltre l'amore del regista per il mondo contadino, per la cultura di chi lavora la terra e alleva il bestiame, cioè persone semplici ma autentiche, che possiedono una schiettezza e forse una purezza che chi vive nelle grandi città sembra aver perso. Oltre a ciò, è evidente l'ammirazione di Suksin per la natura siberiana, per i grandi fiumi, i boschi sterminati e le ondulate colline a perdita d'cchio, di cui ci regala splendide vedute.
Il film per la bellezza delle immagini e la cura delle inquadrature, per situazioni e dialoghi autentici e ben scritti, e infine per un andamento fluido e preciso insieme. I sogni sono filmati con originalità ed efficacia. E' inoltre un'opera che trasmette serenità.
Per Suksin fu l'inizio di un felice cammino come regista, premiato dal successo ma bruscamente interrotto dalla prematura morte per malattia nel 1974.

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