Regia di Ken Loach vedi scheda film
Un film piccolo e coraggioso, con una tesi semplice, ma allo stesso tempo complicata da mettere in scena e piuttosto originale per il cinema: l'omologazione e l'ipocrisia piccoloborghese (inglese, ma non solo) distruggono l'individualità dell'essere umano. Come nel precedente Kes, altra storia di profonda frustrazione vista in chiave innanzitutto sociale, Loach racconta la decadenza dei suoi tempi attraverso uno studio ravvicinato e 'scientifico' (non c'è parzialità, non c'è commento, la narrazione è lineare e cruda) di un personaggio molto giovane; e se in Kes l'argomento centrale era l'adolescenza, qui la protagonista Janice ha a che fare con un male non necessariamente legato alla sua età: la schizofrenia. Scritto dall'autore di numerose serie e fiction tv britanniche David Mercer (con cui però Loach non collaborerà più, nonostante il buon risultato), è il terzo lungometraggio per il grande schermo del regista inglese, già elemento di spicco nell'ultima ondata del 'free cinema', movimento artistico basato essenzialmente sulla contestazione ai valori borghesi del Regno Unito. Loach a tutti gli effetti non contesta, piuttosto critica in maniera quasi documentaria, raccontando lo stato meno piacevole delle cose, sempre rimanendo aggrappato a un gelido e ineccepibile verismo (lo psicanalista che viene sostituito con un medico cialtrone è forse l'unico punto di reale attacco diretto alle istituzioni). Lancia qui la protagonista Sandy Ratcliff, che avrà una lunga carriera in prodotti per la tv inglese; il finale privo di speranza è un altro marchio di fabbrica del regista. 7,5/10.
Janice ha vent'anni, fa qualche lavoretto per vivere, ha degli amici e anche un ragazzo, dal quale inaspettatamente finisce incinta. I genitori, piccoloborghesi bigotti, la costringono all'aborto. Janice perde la voglia di vivere e viene ricoverata in manicomio.
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