Regia di Derek Jarman vedi scheda film
Nelle intenzioni di Derek Jarman, The Last of England sarebbe stata la prima "cantica" di una trilogia ispirata idealmente alla Divina commedia alighieriana; il film sarebbe quindi una sorta di Inferno, mentre The Garden (1990) corrisponderebbe ad un Purgatorio e il non realizzato Bliss ad un nuovo Paradiso.
Dopo il buon successo ottenuto con Caravaggio (1986) e la collaborazione al collettivo Aria (1987), e soprattutto dopo la diagnosi della sieropositività del 22 dicembre 1986, Jarman si dedica ad una nuova concezione, intima e riflessiva, del lungometraggio, quello che Tony Rayns ha definito I-movie, cioè un mondo di immagini e riflessioni incentrati sulla messa in scena e in discussione del proprio essere da parte dell'autore (altri esempi illustri sono quelli di Kenneth Anger, Maya Deren, Jean Cocteau...).
The Last of England è un film antinarrativo, non c'è uno sviluppo di azione e reazione incentrato su una trama; è un intreccio di situazioni ed evocazioni, un poema visivo e sonoro che comunque rimanda ad un mondo contemporaneo in sfacelo, ad una situazione morale e ambientale caotica e invivibile. Jarman mescola passato, presente e futuro in un caleidoscopio di immagini di vari formati e tipologia: dal super8 (tipico dei suoi esperimenti e dell'immediatezza), al video al 35mm; dal materiale documentaristico alla finzione. Il sonoro unisce dialoghi, monologhi, discorsi ufficiali, musica originale (di Simon Fisher Turner) e musica preesistente, rumori di ogni genere.
La dimensione personale e intima, ossia la presenza diretta di Jarman nel suo studio intento a scrivere, pensare e dipingere (quasi si riferisse a San Girolamo, già rievocato in Caravaggio), si unisce alle considerazioni pessimistiche sul presente e il futuro, con una nostalgia per il passato glorioso. Nell'oggi le discriminazioni imperversano e le ideologie pregiudiziali minano gli animi, mentre il paesaggio soccombe parallelamente.
Un aiuto visuale e concettuale viene direttamente fruito dalla tradizione pittorica: dall'omonimo quadro di Ford Madox Brown, sulla gioia e insieme la tristezza dell'emigrazione, alla desolazione cupa e trascendente di Arnold Bocklin, dagli esperimenti su luce e colore di William Turner, che rimandano ad una essenza confusa e ribollente, alle graffianti sferzate grottesche di Francisco Goya, nonché alle frantumazioni strazianti di Francis Bacon, come ha fatto notare Gianmarco Del Re.
Trasmesso molti anni fa su RaiTre, dal 2007 è allegato al libro Alet, Derek Jarman Ciò che resta dell'Inghilterra.
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