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Porco rosso

Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film

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cazzeggiatore del millennio

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La recensione su Porco rosso

di cazzeggiatore del millennio
8 stelle

L’italiano eroico e crepuscolare che non avevi mai visto.

  Un aviatore, reso maiale da una maledizione, combatte i delinquenti razziatori nel golfo di Venezia.

  Immagine limpidissima dell’Italia sulle spalle d’un protagonista in un certo senso stranamente complesso. Spesso l’italiano è visto come un pagliaccio, da una parte, dall’altra invece come il classico stallone senza cervello; qui abbiamo un vero e proprio essere umano, sofferto e passionale, una visione che nemmeno l’italiano stesso era riuscito a dare di sé stesso. Il protagonista ad esempio ha un vissuto, è tridimensionale, si crea un certo contrasto tra il suo atteggiamento ad una prima occhiata tipicamente nostrano  ?  leggero  ?  con un lato inaspettato, un certo dissidio che lo rende reale, non la solita superficiale idealizzazione. La protagonista femminile poi è imponente, non è la solita chiacchierona formosa e rompiscatole, alla gaiezza le si accompagna una certa saggezza, una profondità rara, la sua frase poi: «Qui le cose sono più complesse di quanto non sembri, ma amare è facile.» penso sia qualcosa di memorabile. Una rappresentazione onesta, non reale naturalmente come giustamente è il cinema e l’arte in generale, ma sicuramente sentita, che arriva allo spettatore.

  L’Italia dove gli aviatori combattono come eroi e si radunano nei bar a festeggiare, dove si beve e si gioca convivendo in quelle dinamiche appassionate che l’hanno resa famosa. Eppure è l’Italia dei fascisti, quella in procinto di farsi divorare dalla seconda Guerra Mondiale, giochi e spensieratezza che posso essere in qualsiasi momento sopiti, una nazione in qualche modo storpiata un po’ come il protagonista, un eroe nelle vesti di un maiale, una visione malgrado tutto più accesa che mai. Contrasti necessari per un affresco forse più attuale di quanto esso stesso non voglia apparire in realtà.

  Parlando di un protagonista nelle vesti di un maiale, abituato come sono allo stile disneyano, m’aspettavo chissà quali versacci, del tipo che si sarebbe messo a saltellare come un scemo o che le braccia si sarebbero messe ad attorcigliarsi su sé stesse ogni trenta secondi, avevo dimenticato però che i giapponesi hanno criterio. Il nostro Marco Pagot è simpatico sì ma non ridicolo, è una sacrosanta questione di regia, di resa sullo schermo di questo maiale impettito che fuma e beve peggio Snake in “Fuga da New York”. I combattimenti aerei sono tutt’ora irriproducibili dal vivo, scene, come quella degli aviatori che in massa volando nei loro aeroplani vanno verso l’aldilà, addirittura impensabili.

  Film sicuramente memorabile ma che a me ha toccato in modo particolare per l’onestà e per il protagonista, tuttora un unicum; oltre che per l’ironia che solo l’animazione può rendere, pugni nell’occhio fatti di espressioni e corpi che da un momento all’altro diventano grotteschi, smorzate di trama che solo l’immagine disegnata può concedersi, mai però ridicolmente od insensatamente.

 

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