Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
I tratti dell’animazione del maestro Miyazaki presentano sempre molteplici aspetti originali ed appartenenti ad un altro mondo, sia per quanto riguarda la fantasia che popola vivacemente le sue storie, sia per come vengono poi le stesse rappresentate.
Anche questo film, “sdoganato” in Italia solo recentemente nonostante la nostra storia e la nostra nazione siano protagoniste, presenta alcune idee e spunti di altissimo profilo, ciò nonostante non arriva ai livelli delle sue invenzioni, già i suoi lavori si possono anche definire in questo modo, migliori.
Marco Pagot è un aviatore che agisce in solitaria sopra i cieli del mare Adriatico dopo che è stato misteriosamente trasformato in un porco.
Il suo nome da battaglia è Porco Rosso e si dedica ormai a combattere i pirati dell’aria salvando parecchie vite, ma dietro l’angolo vi è un pilota americano che prova a strappargli l’amore di un tempo, ma anche la ragazzina che l’ha aiutato a rimettersi in carreggiata nel momento del bisogno.
Sicuramente il tratto saliente di questo prodotto è il suo protagonista, uomo trasformato in porco con i tanti significati che questa, non spiegata, mutazione genetica si porta appresso, tra il periodo in cui la vicenda è ambientata, Italia epoca fascista, e il contorno più sentimentale.
La fantasia sale sempre in cattedra quando Miyazaki dirige e colora la sua tela, forse qua questo avviene meno costantemente che nelle sue opere migliori (“La città incantata” rimane per il sottoscritto un qualcosa di inarrivabile), ma non mancano comunque incursioni che meritino una citazione.
Tra questi penso all’inizio, col primo introduttivo salvataggio della ciurma di pargole che si muovono come se niente fosse e soprattutto alla fase finale con la battaglia nel cielo che in un equilibrio senza fine termina con un corpo a corpo all’ultimo pugno.
In mezzo certo non ci si annoia, ma tra alcuni momenti di apparente stanca, per esempio la costruzione del nuovo veivolo, ed un pizzico di melò, destinato all’amore di un tempo che ancora ci potrebbe essere, pur rimanendo certo su livelli di cinema corposo l’interesse diviene meno sollecitato.
Certo è che comunque anche la scrittura riserve più di una sorpresa con alcuni dialoghi surreali, affermazioni improvvise, e alla fine rimane un prodotto originale, questo vale praticamente tutti i lavori del regista giapponese, ma forse meno compiuto di altre sue creazioni.
Discreto.
Sa far volare la fantasia come pochi ad ogni giro di ruota, ma, tra quelli che ho visto, questo è il suo film che mi ha "rapito" di meno, pur essendo indubbiamente tutto fuorchè brutto.
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