Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
Un leggendario pilota di idrovolante, l’uomo-maiale denominato Porco Rosso, lavora come cacciatore di taglie in un’Italia agli albori del ventennio fascista, finché non viene sfidato da un valente aviatore americano.
Pochi autori, oggigiorno, riuscirebbero a miscelare in un film (d’animazione o no) una tale perfetta mescolanza di sublime poesia espressiva, malinconia, gioia, magia ed avventurosa consapevolezza umana come fa(ceva) il grande Miyazaki; unire diverse ispirazioni che spaziano da ricordi ed emozioni personali fino al Bogart di Casablanca, fino a Francesco Baracca ed al Barone Von Richtofen, ma anche alla poetica fanciullesca e fantasiosa di un Charles Shulz alle prese, con il suo Snoopy ed il suo immaginario Sopwith Camel, in epicomici scontri con l’infido Barone Rosso ed il suo triplano Fokker. “Miyazaki can”, direbbe un obamiano e lo fa nel migliore dei modi, prendendo netta posizione nel rigettare la realtà storica di un’italietta fascista e becera e infarcendo la ricostruzione storica del suo lavoro di un romanticismo eroico che riesce ad essere credibile ed a farci dimenticare la verità di una situazione all’epoca tendente al peggio. Il suo personaggio estremo (pochi, credo, avrebbero avuto il coraggio di intitolare un proprio lavoro “Porco Rosso”), apparentemente un eroe romantico con un passato doloroso segnato da sanguinosi ricordi di guerra e da perdite di amici/commilitoni, rappresenta un mosca bianca (o rossa) nell’ambiente creato dal regista per questo lavoro: fuori da tutto, dagli schemi dei suoi colleghi “pirati dell’aria”, dalle popolazioni di terricoli che non possono far altro che seguirne le evoluzioni aeree e fuori anche dai rapporti interpersonali con i suoi molti amici, ai quali risponde spesso fuggendo imbarcandosi sul suo idrovolante, cercando di difendere (a malincuore) il suo tenace individualismo pieno di rimorso. La messa in scena delle ambientazioni italiane è nostalgica e sublime nella riproposizione, quasi bucolica, di ambienti interni ed esterni caratterizzati da vaporosi colori pastello che rilassano lo sguardo e lo lasciano libero di spaziare nell’infinito, agevolando la partecipazione emotiva alla storia raccontata. I personaggi principali, tutti ben caratterizzati con pochi e capaci tocchi, ci vengono mostrati, anche gli “antagonisti”, come nobili e leali anche nella pugna più accesa, nonché capaci di slanci emotivi insospettati. Altro aspetto caratterizzante questo film e l’arte di Miyazaki in generale è la rappresentazione dei tratti “cartooneschi” dei suoi personaggi: i visi dolci e arrotondati (come nelle strisce a fumetti del già citato Shulz) dai menti volitivi e i corpi, tondeggianti anch’essi e privi di spigoli, sono “paciosi” e rassicuranti e creano da subito, almeno in chi scrive, un notevole coinvolgimento. Da oscar, se fosse uscito nel 2010.
Eroica.
Ottima.
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