Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film
Un magico capolavoro sull'importanza della natura, sul potere dell'immaginazione e della creatività e su come esse possano aiutarci a superare anche i momenti più drammatici.
"Here is a children's film made for the world we should live in, rather than the one we occupy. A film with no villains. No fight scenes. No evil adults. No fighting between the two kids. No scary monsters. No darkness before the dawn. A world that is benign. A world where if you meet a strange towering creature in the forest, you curl up on its tummy and have a nap."
Roger Ebert nella sua recensione di Il mio vicino Totoro.
Il mio vicino Totoro è un film del 1988 diretto da Hayao Miyazaki.
La storia è quella di due bambine, Mei e Sutsuki, che, insieme al padre, decidono di trasferirsi in campagna per stare più vicino alla madre in ospedale. Esplorando questo nuovo mondo naturale attorno a loro, le piccole scopriranno creature fantastiche, come i nerini del buio e, appunto, Totoro, l’enorme e buffo spirito custode della foresta.
Probabilmente Il Mio Vicino Totoro è l’opera più iconica del regista giapponese insieme a La Città incantata. Il film ha avuto un impatto culturale fortissimo nel mondo intero, non solo in Giappone (dove la canzone Tonari no Tonoro viene insegnata nelle scuole e il personaggio ormai è più popolare di Topolino e Winnie Pooh), ma anche qui in Occidente, dove è stato parodiato e omaggiato da svariati film e serie TV, da South Park ai Simpson, da Toy Story a Samurai Jack.
L’opera rimane, ancora oggi, un capolavoro assoluto della storia del cinema, un film che non ha perso un briciolo del suo fascino, della sua bellezza e della sua profondità. Essendo un film di Miyazaki, i temi interessantissimi che Il mio vicino Totoro sviluppa sono temi cari all’artista giapponese e che sono sempre presenti nella sua filmografia.
Il film è, prima di tutto, un inno alla natura e alla vita di campagna di fatto. Una vita pura e semplice. Dove sono tutti legati da un sentimento di solidarietà. Una visione quasi idilliaca quella che ha l’artista giapponese per questo mondo, visto come appunto come un rifugio dal caos e la disperazione della città.
Il tema dell’ecologismo è sempre stato un tema molto caro a Miyazaki, che ha sempre mostrato un rispetto smisurato per la natura che va protetta a ogni costo. Come lei protegge, di fatto, noi. Per Miyazaki, la natura è qualcosa che è legata al nostro cuore, alla sua oscurità, ai suoi misteri. E se scompare la natura scompare anche il nostro cuore e la nostra stessa essenza.
Una delle cose che ho sempre pensato di questo film è che fosse uno di quei film, che, per come mostra la natura e la vita che queste persone svolgono attorno a essa, fa proprio nascere il desiderio di abbandonare la vita di città, mollare tutto e iniziare una nuova vita in campagna e, semplicemente, immergersi nella natura.
La Natura di fatto nel film viene vista come l’unica cosa stabile. La malattia della madre, il lavoro del padre, gli orari del bus, la vita in città, nulla è certo, sicuro. Ma il mondo della natura è qualcosa di sereno e rassicurante. L’idea della bambina che si avventura nel bosco, se in un altro tipo di film si sarebbe visto come qualcosa di terrificante e minaccioso, col bosco mostrato come un qualcosa di tenebroso e nella quale non bisogna avventurarsi da soli per paura dell’ignoto, qui è diverso. Nel film la curiosità di Mei e la sua piccola avventura viene vista con positività e mai come qualcosa di preoccupante. Grazie a questa curiosità Mei troverà Totoro e il padre e Satsuki non si disperano nel non vederla ma la ritrovano quasi subito.
Proprio per questo motivo, sebbene interessante, non mi è mai piaciuta la chiave di lettura che vede la storia del film come una metafora del delitto di Sayama, dove una bambina è stata rapita e uccisa. Credo che il messaggio che voleva lanciare Miyazaki, fosse totalmente opposto, un messaggio di piena speranza e di positività verso la curiosità e la voglia di esplorare dei bambini.
Un altro dei temi trattati da Miyazaki è la spiritualità. Influenzato anche dallo shintoismo giappone, dove tutto il cosmo è manifestazione del divino, quindi tutto ha un fondamento divino, la spiritualità è sempre stato, di fatto, un tema importante per Miyazaki e anche qui viene esplorato. E l’idea dello spirito, del fantasma non viene mai visto come qualcosa di minaccioso, ma anzi come, semplicemente, qualcosa di divertente e innocuo (nel caso degli spiritelli dell’inizio) o come qualcosa che può essere anche di supporto, di aiuto (come Totoro).
Altro tema portante della filmografia di Miyazaki è l’infanzia, anche qui sviluppato. Le protagoniste sono bambine, e sono le uniche che riescono a vedere Totoro, mentre gli adulti no.
Il film è un inno all’innocenza dei bambini. Il punto di vista preso dall’autore durante la narrazione è sempre quello dei bambini. La storia è semplicissima, quasi non esiste a detta di alcuni, è totalmente fantastica, irreale; una storia senza troppi particolari, non sappiamo nulla della malattia della madre, che lavoro fa il padre. Ma nemmeno c’importa. Il focus sono i bambini e le loro avventure. E guardando questo film è come se si tornasse effettivamente bambini e si guarda il film con quello sguardo.
Come in Kiki o La Città incantata per esempio, vi è in questo film la coesistenza tra mondo reale e mondo fantastico, dove quest’ultimo è presente nel nostro mondo. Le bambine, come detto, sono le uniche che riescono a vedere il fantastico, il magico, mentre gli adulti, quelli cresciuti, non vedono Totoro o il gatto autobus. Totoro è di fatto un film sulla forza dell’immaginazione, di come anche nei momenti più difficili è l’immaginazione che può veramente aiutare. Di come l’immaginazione possa aiutarti a superare la paura (il padre dirà alle ragazzine di ridere anche senza motivo ogni volta che hanno paura cosi che la paura sparisca), di come essa possa unire le persone, come le due sorelle. Quando le bambine scopriranno che la madre ha avuto dei problemi all’ospedale, si disperano e litigano. Ma riusciranno a riunirsi e riappacificarsi grazie all’immaginazione (Satsuki dirà a Totoro che non saprà dove altro andare), grazie a Totoro e il gatto autobus.
Altro tema importante è la famiglia. Famiglia che non è solo da intendere come il legame appunto fra i membri di nucleo principale (madre, padre, sorelle) ,ma anche legame che si va a creare con la anziana vicina, che ormai le vede come nipotine. Tanto che si dispererà quanto Satsuki quando Mei scompare. E la “nonnina” (come viene chiamato dalle bambine), sarà sempre un personaggio molto importante per le bimbe, visto come si occupa di loro e soprattutto le cerca di istruire sull’importanza della natura e su come funziona la vita di campagna (facendosi aiutare nell’orto per esempio). E anche il padre cercherà appunto di istruire le figlie sulla importanza della natura, e soprattutto, altra cosa molto interessante, non cercherà mai di sminuire l’immaginazione di Mei. Non le dirà che Totoro non esiste, che è troppo grande per credere a queste cose. Ma anzi, le dice che è stata fortunata a conoscerlo e cercherà di incoraggiarla.
Il Mio Vicino Totoro è un film dove Miyazaki ha messo tutto il suo cuore, e ha messo molto della sua vita. Il paesaggio è ispirato ai luoghi della sua infanzia, la madre è malata, come quella di Miyazaki era malata di tubercolosi spinale.
Di fatto Totoro è anche un film sull’amore, l’amore per la natura e la vita di campagna, l’amore per il fantastico, l’amore verso una madre e fra due sorelle. Fantastico com’è costruito il rapporto fra le due bambine. Due personaggi che sono le due facce di una stessa medaglia (l’elemento del doppio è presente in altri film di Miyazaki come La città incantata o Kiki). Non sono un caso infatti i nomi. Mei, pronunciato in inglese significa Maggio. Sutsuki è quinto mese dell’anno in giapponese, Maggio per l’appunto. In realtà all’inizio vi era solo il personaggio di Mei, poi Miyazaki ha deciso di sdoppiarlo e costruire anche il personaggio di Sutsuzki.
Mei è la più piccola, quella che, con la sua curiosità e intraprendenza, troverà per primo Totoro e il mondo del fantastico. Un po’come una sorta di Alice, o di Chihiro ne la Città Incantata. Però a differenza di Mei, Chihiro, si ritrova in quel mondo, totalmente per caso e non per volere suo (ma appunto a causa più della curiosità dei genitori rispetto che della sua). Mei inoltre, essendo la più piccola, è quella che, più anche di Sutsuki, vede le cose attorno a lei con uno sguardo infantile, anche nelle situazioni più irreali. Quando infatti, le bambine si sveglieranno dopo la scena del volo con Totoro, Sutsuki dirà che era un sogno (come logicamente verrebbe da pensare), mentre Mei ripeterà che non era un sogno.
Sutsuki è un personaggio sicuramente più maturo di Mei, più responsabile, più indipendente. Ma che rimane comunque una bambina. E rimarrà bambina tutto il film (sebbene sempre abbia momenti maturi nel corso della storia), non ci sarà la maturità nel finale, il passaggio all’età adulta, come per esempio avviene per Kiki, che alla fine del film non comprende più il gatto e quello è il simbolo che Kiki è maturata. Anzi, per Sutsuki è interessante come è proprio grazie alla sua “fanciullezza”, al suo essere bambina, e comportarsi da bambina che riuscirà a trovare Mei. All’inizio, infatti, come scopre che Mei è scomparsa, reagisce appunto da adulta, logicamente, si dispera e corre come una forsennata a cercarla, chiedendo indicazioni alla gente, chiedendo chi può averla vista. Ma sarà appunto grazie al suo essere bambina, alla sua immaginazione, a Totoro, che riuscirà a riunirsi con Mei.
Ancora oggi, dopo quasi 30 anni, Il mio vicino Totoro rimane un film meraviglioso da vedere e di una freschezza impressionante, non sembra invecchiato di un giorno. Le animazioni, le ombre, le luci, il pelo delle creature, la pioggia, l’effetto del vento e dell’erba che si muove, tutto è reso brillantemente. Il design poi dei personaggi rimane incredibilmente creativo ed iconico, come detto prima. Totoro ormai è entrato di fatto nella storia ed ha varcato i confini del cinema grazie alla sua popolarità.
Torna poi l’elemento del volo tanto caro al regista, sia perché Kanta, il ragazzino, si capisce che, come Miyazaki, è un appassionato di aerei (ha un modellino di aereo con cui gioca), ma anche perché Totoro, è una creatura in grado di volare.
E nessuno, secondo me, o almeno pochi riescono a rendere al cinema il volo, l’effetto del vento, come ci riesce Miyazaki, nessuno a riesce a renderlo così magico quanto lui. Come in Kiki o in Porco Rosso, che sembrava di essere con loro, con quei personaggi. in aria e volare, queste sono le stesse sensazioni che ho provato vedendo Totoro volare con le bambine.
È un film visivamente, ancora dopo 30 anni, semplicemente mozzafiato, sebbene sia un film di fatto semplicissimo. Non si tratta di un film più spettacolare o puramente d’avventura, come può essere un Castello nel cielo o un Porco Rosso, o un film ricco di personaggi e situazioni fantastiche come un La Città Incantata. Però rimane un film meraviglioso.
Il mio vicino Totoro è un film che se non conoscete è un film assolutamente da scoprire, e per quelli che già lo conoscono è un film assolutamente da riguardare e riscoprire. È un film cosi gioioso e pieno di vita che ti tira naturalmente su di morale ogni volta che lo guardi. È un film sul potere dell’immaginazione e della creatività, e di come, anche nelle situazioni che paiono più disperate, più cupe e tristi (come può essere, nel caso delle bambine, la malattia di una madre) l’immaginazione sia un qualcosa che ci può veramente aiutare a superare questi momenti. E credo che in questo periodo soprattutto, dove credo che tutti siamo un po’ giù a causa della situazione che stiamo vivendo a causa di questo virus, dove siamo costretti a stare in casa, dove non possiamo svolgere la vita come vogliamo, dove magari siamo lontano dai nostri cari, ci serve qualcosa che ci possa tirare un po’ su e ci possa ricordare del potere dell’immaginazione e di come essa ci possa realmente aiutare. Credo che in questo periodo soprattutto, a tutti noi serva un po’ Totoro
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