Regia di Jacques Rivette vedi scheda film
Dodici ore e una manciata di minuti: nessuno se lo merita. Nessuno spettatore, si intende. Probabilmente anche Fellini e Kubrick diventerebbero noiosi, in dodici ore di fila di proiezione. Rivette ridusse successivamente a poco più di quattro ore la pellicola: ma era una durata comunque eccessiva, perchè la materia di questo Out 1: noli me tangere è davvero sciaguratamente poca. E il film è rimasto fra le opere (mitologiche, ma) meno conosciute del regista. Il bello è che è giusto così: non c'è neppure paragone fra questo masturbatorio Rivette e quello visionario della fredda e spoglia Parigi di Paris nous appartient o quello sarcastico ed indignato che critica la cecità spirituale dell'uomo in Suzanne Simonin. C'è però qui tanta simbologia, il continuo richiamarsi ad altre opere (Balzac come Eschilo) ed una forte componente psicanalitica (le sessioni di prove teatrali sono sostanzialmente delle sedute di gruppo); la scelta delle tragedie da rappresentare non è ovviamente casuale e si capisce facilmente perchè Rivette punti su un simbolo della ribellione come Prometeo e su una vicenda di 'cattiva fratellanza' come quella dei Sette contro Tebe. I personaggi di Out 1 sono infatti tutti alla pari, fin dal primo istante, tutti parte di una collettività in cui le uguaglianze sono esasperate (fino al punto di confondere maschio e femmina, corpo e corpo) e probabilmente il messaggio che vorrebbe scaturire da questa torrenziale e lentissima opera è proprio un invito alla solidarietà umana, a riconoscere nel prossimo un altro sè stesso ed a comportarsi di conseguenza con il dovuto rispetto ed affetto. Significativo inoltre come a fianco di due compagnie teatrali vengano posti due truffatorelli di strada, un ragazzo ed una ragazza che vivono, per l'appunto, recitando: c'è chi lo fa su un palco e chi nella vita di tutti i giorni, chi come sfogo artistico e chi per sopravvivere: ma in fondo tutti stiamo recitando. Noli me tangere, il sottotitolo del lavoro, è infine un richiamo psicanalitico - o almeno così pare di capire - per evidenziare l'odierna, dannosa mancanza di contatto fra gli uomini. A sopperire a tale carenza arrivano le bizzarre prove dei giovani attori, che si lasciano andare alla più totale spontaneità (risulta che Rivette li lasciasse fare liberamente, senza alcun copione scritto in queste scene): ma, purtroppo per lo spettatore, dieci minuti di invasati in trance che urlano e si rincorrono e si strusciano e si picchiano e si accarezzano in quattro metri quadrati di palco ricordano, più che una forma di teatro o di cinema sperimentale, un'accozzaglia di ritardati mentali allo sbaraglio. 11 ore e mezza in meno di pellicola avrebbero senz'altro giovato, per ciò che il regista (in sceneggiatura affiancato da Suzanne Schiffman) aveva da dire. 4/10.
Due compagnie teatrali compiono lunghe sessioni di prove per rappresentazioni sperimentali di Eschilo: una del Prometeo incatenato, l'altra dei Sette contro Tebe. Nel frattempo due truffatorelli di strada si uniscono - separatamente - ai gruppi, mentre nei primo dei due cresce la paranoia di una cospirazione basata sul numero 13.
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