Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
Un film grigio come la cenere e come doveva essere la vita in Polonia negli anni ’50 (anche se è ambientato alla fine della guerra). In ogni caso è una di quelle opere asciutte e precise che colpiscono e fanno riflettere. Di azione ce n’è poca, perché quello che conta è la definizione dei personaggi e le loro motivazioni interiori, specie quelle del protagonista. Il nucleo tematico mi sembra essere l’operato di quest’ultimo, prima partigiano contro i tedeschi, e poi membro della resistenza contro i membri del nuovo stato comunista. Le due attività si concretizzano nell’assassinio mirato di personaggi giudicati chiave dai suoi mandanti. Tuttavia il conoscere in modo ravvicinato la sua prossima vittima lo mette ai ferri corti con la sua coscienza: dargli un fiammifero, vederlo parlare e stargli a un metro senza che sospetti nulla gli fa venire il groppo alla gola. Il regista non è tenero con la Polonia comunista: i nuovi potenti sono una massa di ubriaconi e/o opportunisti e carrieristi, che hanno chiuso a chiave le chiese. Comunque il punto centrale del film non è la lotta degli oppositori contro il regime, ma l’assurdità di ammazzare su mandato determinate persone. Personalmente non ha niente o molto poco contro di lui, perché in fondo ha anch’egli ha i suoi lati buoni e cattivi come tutti, e pure un figlio attivista oppositore. Il fatto è che i dirigenti del movimento lo hanno designato come personaggio-simbolo, particolarmente rappresentativo dell’ideologia e del regime, che quindi va eliminato soprattutto per colpire il governo e il potere. Il protagonista tentenna per tutta la durata del film e più volte tenta di sottrarsi al mandato ricevuto; persino l’amore inaspettatamente incontrato è l’ultima ancora di salvezza gettatagli dalla Provvidenza. Poi però il salvare il suo nome di fedele oppositore, la “stima” del capo, l’illusione che “ancora questo e poi basta” lo porteranno alla rovina.
Il primo agguato alla jeep dell’inizio si rivela un tragico errore, dove perdipiù vengono uccisi dei poveri operai ignari e innocenti. In ogni caso tutti questi omicidi sono rappresentati in modo cruento e viene messa in luce la crudeltà, l’inutilità, e la debolezza di qualsiasi motivazione ideologica che possa giustificarli. Certamente il discorso si può applicare – mutatis mutandis – a tutti i gruppi di tutte le tendenze che ritengono di esser investiti della missione di migliorare la società assassinando questo e quello (brigate rosse?).
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