Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
Prendete un giovane Gerard Depardieu, affascinante e carismatico; prendete Wojtiech Psznoniak, attore polacco che sembra il ritratto perfetto di Maximillianne de Robespierre. Prendete un regista in stato di grazia, Andrei Wadja, con intenti che vanno ben più in là della semplice rappresentazione storica. Ne scaturisce un capolavoro, un affresco della Rivoluzione Francese efficace, necessario, coinvolgente e toccante. “Dalton” è un film che si avvale di un’ottima sceneggiatura, che mette a confronto due personaggi storici necessari e degni di questa grande biografia storica. Nel secondo anno dell’età repubblicana, quando ormai il Terrore del Comitato di Pubblica Sanità è all’apice, avviene un confronto di ideali e di posizioni necessario per comprendere la politica moderna e l’idealismo. Due uomini, cresciuti con ideali di libertà e di giustizia, dopo aver lottato per un “mondo migliore”, si ritrovano drammaticamente divisi “in casa”. Robespierre ha fatto del suo ideale di libertà e di giustizia una droga, un totalitarismo spietato che non ammette differenza d’opinione né possibilità di ribattere. Ma George Danton non è così: è un vero democratico, un politico che ha capito che nella democrazia “vera” non serve solo gridare uno slogan o mistificare l’idea trascurando il popolo, azzittendo tutti gli avversari e i dissidenti. Ha capito che la vera forza della libertà (intesa anche da Wadja come “concezione occidentale della libertà”, contrapposta al regime sovietico in atto negli anni di produzione del film in Polonia) non è solo nel dire la propria o nell’imporre la propria idea agli altri, quanto quella di essere democratici fino in fondo: solo così sussiste il vero liberalismo alla base dell’Occidente libero. Robespierre, dal canto suo, rappresenta un totalitarismo nato dalla paura dell’opinione diversa, dall’ignoranza, dalla convinzione di avere in mano il mondo. Alla fine, l’epilogo è drammaticamente risaputo, e si trasforma in un atto d’accusa contro l’estremismo politico, il radicalismo, l’odio civile. Wadja compone un affresco umano rammaricato e dolorante, la presa di coscienza di quello che è alla nostra portata o per cui abbiamo combattuto, la libertà, ma che non siamo mai in grado di comprendere sino infondo. È chiaro il riferimento al comunismo, all’estremizzazione dell’ideologia che diventa così nuovo terrore e nuova dittatura. Sceglie di mettere a confronto un eroe (Danton) contro un antieroe sconfitto dalla ragione umana (Robespierre non ci fa certo una bella figura…). E così, vedendo la morte, la rabbia, le famiglie divise e constatando l’incapacità dell’uomo di capire che la linea di confine fra “giusto” e “sbagliato” è sottile, sottilissimo, lo spettatore si ritrova in un mondo “passato” ma allo stesso tempo attuale. Anche, e soprattutto, in tempi tormentati come questi. Grande film storico, grande film politico, grandissimi gli attori, buona la colonna sonora, ma soprattutto grazie Andrei Wadja, che ha illuminato una parte così importante ma troppo spesso “tralasciata” dell’animo umano. Capolavoro. Voto: 9.
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