Regia di Orson Welles vedi scheda film
In Inghilterra, durante il regno di Enrico IV (John Gielgud), il principe Hal (Keith Baxter), legittimo erede al trono, passa il suo tempo gozzovigliando nei peggiori locali di Londra insieme al suo compagno di bagordi Falstaff (Orson Welles). Lo stile di vita di Hal cambierà radicalmente nel momento in cui dovrà succedere al trono d'Inghilterra alla morte del padre: a quel punto rinnegherà Falstaff e lo scaccerà, e quest'ultimo qualche tempo dopo morirà in solitudine.
Nella maggior parte dei casi, trasferire sullo schermo i testi shakespeariani significa fare del "teatro filmato", il che ci induce ad una serie di riflessioni.
In questo genere di pellicole infatti a risaltare maggiormente è senza dubbio la recitazione degli attori, la quale è, almeno nei casi più illustri, di altissimo livello (Laurence Olivier, tanto per citare un esempio). Ovviamente, per chi conosce a fondo a ha avuto modo di apprezzare le opere del grande drammaturgo inglese, i film di questo genere sono un vero e proprio invito a nozze. Ma, per la maggior parte del pubblico, specialmente quello non anglofono, le riduzioni cinematografiche dei testi shakespeariani risultano piuttosto pesanti, a causa della voluta ricercatezza dei dialoghi e della complessità di base dei testi, i quali, nonostante vengano inevitabilmente esemplificati dagli autori, non riescono a sfuggire alle trappole del succitato "teatro filmato", e quindi divengono eccessivamente accademiche e sostanzialmente fredde agli occhi di chi guarda. Ciò non significa però che si debba fare di tutta l'erba un fascio.
"Falstaff", pellicola diretta nel 1966 da Orson Welles, rappresenta infatti una vistosa eccezione alla regola.
Basandosi su ben quattro opere di Shakespeare (ovvero: "Riccardo II, Enrico IV, Enrico V e Le allegre comari di Windsor") e sulle cronache storiche di Raphael Holinshed, Welles elabora i dialoghi servendosi solo ed esclusivamente di frasi presenti nei quattro testi shakespeariani in questione, in maniera tale che la sceneggiatura sia costituita da una scrittura completamente autentica, di Shakespeare o comunque "d'epoca". Ciò rende il film abbastanza stratificato e richiede allo spettatore una particolare attenzione al momento della visione. Eppure "Falstaff" è tutto fuorché teatro filmato, e adesso vedremo perché.
Realizzato con quattro soldi, con il supporto di una produzione svizzero-spagnola (in cui figura anche il britannico Harry Saltzman, che finanzió parecchi registi del "Free Cinema" inglese e produsse i primi sette film della saga di James Bond), "Falstaff" è un'opera potente e straordinariamente dinamica (e ciò nonostante si svolga quasi esclusivamente in interni), rutilante e barocca, in cui Welles fa sfoggio del proprio talento (campi, contro-campi, primi piani deformanti, l'utilizzazione di angolazioni di ripresa inusuali, frequenti inquadrature dal basso etc..) e sopperisce alla pochezza dei mezzi produttivi con la modernità del suo stile.
Ma sarebbe errato considerare tale pellicola soltanto come un semplice sfoggio di bravura: il film di Welles assume infatti la connotazione di una parabola sui meccanismi spietati del potere, di cui rimane vittima appunto il personaggio di Falstaff, figura tragicomica e buffonesca, eppure incredibilmente ricca di sfumature e di umanità, e attorno a cui finisce per ruotare tutta la vicenda.
Titanica la performance di Orson Welles, il quale riesce a rendere al meglio tutta l'esuberanza e la vitalità del suo personaggio, e poi, ovviamente, nella parte finale, il suo lento declino. Anche il resto del cast (a parte Walter Chiari, eccessivamente macchiettistico, e Norman Rodway, inutilmente sopra le righe) è all'altezza: Sir John Gieglud nel ruolo del sovrano Enrico IV, una quasi irriconoscibile Jeanne Moreau nella parte di un "amica" di Falstaff, Margaret Rutherford, che impersona la signora Quickly, e, per finire, Fernando Rey, nei panni del viscido consigliere Worcester.
Tra le sequenze d'antologia figura indubbiamente quella dello scontro tra gli eserciti di Enrico IV ed Henry Percy, in cui viene reso molto realisticamente il furore e la violenza della sanguinosa battaglia.
Fotografia superlativa di Edmond Richard, musiche calzanti di Angelo Francesco Lavagnino.
Passato piuttosto inosservato alla sua uscita, e in genere meno considerato rispetto ad altri lavori di Welles, "Falstaff" merita invece un'ampia riscoperta e di essere annoverato tra i capolavori del suo regista.
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