Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film
Rec breve
Resoconto intelligente ed assai interessante della crisi di mezza età di un uomo a contatto con una realtà per lui sconosciuta. Attraverso il personaggio di Bernard e in una curiosa, autoironica ed autocritica sovrimpressione, Tavernier riflette sul ruolo nella società del regista e più in generale dell'intellettuale, spesso abituato a vivere in ambienti borghesi ed agiati, alieno a realtà diverse dalla propria, allo stesso modo dei bambini viziati di cui parla il titolo originale "Des enfants gatés". Un film onesto e generoso, a tratti dispersivo, didascalico, non esente da facili stereotipi né da personaggi ai limiti della macchietta. Molto ben definiti invece i due ruoli principali così come adeguatamente sviluppata la loro relazione sentimentale, con inediti, per Tavernier, particolari erotici. Probabilmente un film minore nella densa filmografia dell'autore di Lione ma ricco di dialoghi vivaci e in ogni caso da vedere per l'umiltà ed il coraggio con cui si mette in discussione. Condominiale.
Voto: 7
Il quarto film di Bertrand Tavernier, il suo meno conosciuto ed apprezzato, datato 1977, girato tra "Il giudice e l'assassino" e "La morte in diretta", ma distribuito in Italia solo nel 1989, inaugura il filone intimistico dell'autore che lo porterà a realizzare film come "Una settimana di vacanza", "Una domenica in campagna" e "Daddy nostalgie". Tra l'altro, insieme a "La morte in diretta" e "La vita e niente altro", l'unica vera storia d'amore raccontata dal regista, sia pure in un contesto che non si limita mai alla vicenda puramente romantica. Ed infatti non manca l'elemento sociale - politico tanto caro a Tavernier. La storia racconta di Bernard, regista in crisi (si riscontra più di un elemento autobiografico nel personaggio del protagonista), sposato da 20 anni, con due figli, legato alla moglie ormai solo da un profondo affetto. L'uomo è in cerca di un appartamento in affitto per poter concludere la sceneggiatura del suo prossimo film, da girare in primavera, incentrato su un ricco industriale parigino che decide di abbandonare tutto, va in Provenza e qui incontra una donna con cui scappa via, verso una nuova esistenza. "Vai sempre via tu!" sbotta la figlia più piccola, convinta che il padrone del papà sia cattivo, perché lo fa sempre lavorare. In realtà Bernard non ha padroni a cui dovere rendere conto ma, preso dal blocco dello scrittore, ha bisogno di allontanarsi da casa "per lavorare bene, stare un po’ solo, tranquillo, essere isolato da tutto." Come un novello Simenon ("Se continui così farai come Simenon che poteva scrivere solo negli alberghi" gli dice l'amico e collaboratore Pierre) si installa in un appartamento situato in una zona periferica di Parigi. Non fa in tempo a sistemarsi che due vicini bussano alla sua porta. Sono Anne e Marcel ed appartengono al Comitato per la difesa degli inquilini: chiedono il coinvolgimento anche di Bernard contro il rincaro ingiustificato degli affitti. Bernard inizialmente rifiuta perché ritiene che la cosa non lo riguardi. Quasi per caso però si trova ben presto a partecipare ad una riunione condominale, diviene addirittura portavoce dei condomini, controlla con Anne i conti del costruttore Mouchot, verificando con mano che l'uomo carica gli affitti di un sacco di spese extra. La frequentazione con Anne, giovane disoccupata, cacciata via dal lavoro, "dove credevo di avere tanti amici" (frase peraltro assai significativa) ed ora molto impegnata nel difendere le posizioni sue e degli altri inquilini ("Il bello dei disoccupati è che non hanno orario!" afferma ironica), il cui padre è morto a causa di un incidente di lavoro su un cantiere, porta poi ad un inaspettato coinvolgimento sentimentale tanto che l'amico Pierre gli dice: "Sento che stai per cadere come la classica pera matura!". Ed intanto Bernard, con la collaborazione di Pierre, continua a fatica la stesura della sceneggiatura del suo film, ammettendo: "Mi sono trasferito qua per lavorare in pace: così credevo!". Anche la relazione con Anne però ben presto giunge a un vicolo cieco: "Tu suoni, tu vieni, io sono lì ad aspettare e ti apro: non voglio questo!" dice affranta Anne. Resoconto intelligente ed assai interessante della crisi di mezza età di un uomo a contatto con una realtà per lui sconosciuta. Attraverso il personaggio di Bernard e in una curiosa, autoironica ed autocritica sovrimpressione, Tavernier riflette sul ruolo nella società del regista e più in generale dell'intellettuale, spesso abituato a vivere in ambienti borghesi ed agiati, alieno a realtà diverse dalla propria, allo stesso modo dei bambini viziati di cui parla il titolo originale "Des enfants gatés". Nel diretto contatto con la gente comune, il cineasta, artista privilegiato, si interroga sulla legittimità dei suoi privilegi. Bernard infatti confessa ad Anne di invidiare la moglie per il suo lavoro (si occupa di bambini con difficoltà di comunicazione e i suoi incontri con i piccoli problematici si alternano al resto della vicenda). "Catherine si attacca alle cose vere, realmente concrete!" dice Bernard, constatando la preziosa utilità del lavoro della moglie e di riflesso valutando l'apparente inutilità del proprio. Del resto l'importanza che Tavernier ripone nel ruolo dell'insegnante emerge molto bene dagli splendidi "Una settimana di vacanza" e "Ricomincia da oggi". "Tu non rischi niente" non a caso sostiene Anne nel correggere un appunto di sceneggiatura di Bernard, scritto su una lavagnetta nell'appartamento. Proprio questa paura di essere "un uomo come tutti gli altri, così indifferenti da sembrare inesistenti" è l'elemento più riuscito ed apprezzabile di un film onesto e generoso che a tratti è dispersivo, didascalico, non esente da facili stereotipi (la consueta solidarietà della sinistra, per esempio) né da personaggi ai limiti della macchietta (il disonesto costruttore Mouchot che, a proposito della legittima protesta pubblica organizzata dai suoi condomini, parla di "barbarismo e provocazione", il deputato Dujardin che invita ad un atteggiamento più conciliante, rivelando fin troppa condiscendenza verso il potente Moucoht, l'amico donnaiolo di Bernard che, riguardo alla sceneggiatura che Bernard sta scrivendo, come prima cosa gli domanda se i due protagonisti vanno a letto insieme oppure no). Molto ben definiti invece i due ruoli principali così come adeguatamente sviluppata la loro relazione sentimentale, con inediti, per Tavernier, particolari erotici (le confessioni intime di Anne, ripresa in primo piano, rivolta direttamente allo spettatore, per esempio). E colpiscono per finezza ed intelligenza alcune riflessioni di Anne, a proposito del tradimento di Bernard, ma in fondo anche un po’ suo, nei confronti della moglie, (quando l'uomo le chiede se lei tradisce qualcuno risponde infatti: "No, anzi, sì: tradisco tua moglie!") tanto da affermare: "C'è una cosa che mi è difficile comprendere: che si ami qualcuno e poi si abbia voglia di andare a letto con un altro." o ancora "Quello che mi sconvolge di più è il tempo che le rubi!" Ottimi i due interpreti ed è davvero strano che per un film, all'apparenza così personale, Tavernier non si sia affidato al suo alter ego Philippe Noiret, anche se Michel Piccoli si dimostra perfettamente all'altezza. Christine Pascal, anche sceneggiatrice, poi suicidatasi nel 1996, aveva già lavorato con il regista sia ne "L'orologiaio di Saint Paul" che in "Che la festa cominci". Notevole anche l'inedita visione della capitale francese. Nel film Parigi è infatti irriconoscibile (in questo senso Tavernier si confermerà nel fondamentale "Legge 627") tra giganteschi condomini, molteplici cantieri aperti, palazzoni anonimi, assenza di spazi verdi e aree gioco, un contesto edilizio sconfortante e scarsamente vivibile, in cui domina la più bieca speculazione di furbi e scafati imprenditori, ben evidenziato già dalle immagini che scorrono sui titoli di testa: e qui sta il lato polemico, l'elemento politico-sociale cui accennavo all'inizio. Probabilmente un film minore nella densa filmografia dell'autore di Lione ma ricco di dialoghi vivaci (bella anche la discussione sulla più bella storia d'amore del cinema con la sorprendente risposta di Bernard che cita Stanlio e Ollio - "Stanlio, ma tu preferisci me o la torta di mele?". E Stanlio guarda Ollio, poi il pubblico, poi ancora Ollio e il pubblico... e gli viene da piangere) e in ogni caso da vedere per l'umiltà ed il coraggio con cui si mette in discussione. "Come fai a ritrovarti in tutto quello che ti circonda?" chiede Bernard alla moglie, dopo essere tornato da lei. "Avanzo...piano" è la serena e pacata risposta della donna. Forse è questo il miglior modo ed il segreto per evitare di essere "un uomo come tutti gli altri, così indifferenti da sembrare inesistenti" Piccolo cameo della giovanissima Isabelle Huppert (è la segretaria del deputato Dujardin). Il piccolo bimbo dislessico di cui si occupa la moglie del protagonista è interpretato dal figlio del regista Nils Tavernier. Battuta verità: "Il porta a porta: non c'è niente di meglio per studiare l'animo umano!" Esilarante invece uno scambio di battute tra Anne e un suo vecchio spasimante le cui convinzioni sull'amore sono abbastanza sorprendenti: "L'amore non esiste, c'è solo un legame di interessi economici tra la gente. Tu intrattieni con me un rapporto economico stabile." infatti sostiene. E cosa mi dai in questo rapporto?" domanda incuriosita Anne. "Ti scopo bene, ti insegno delle cose. E poi, non vorrei essere presuntuoso, ma credo di averti risvegliato una coscienza politica!". E' invece una curiosa e non so quanto involontaria anticipazione il dialogo in cui Anne domanda a Bernard se sia lui il regista di "La morte in diretta", film immediatamente successivo di Tavernier (non mi pare una scelta del doppiaggio italiano, vedendo il labiale dell'attrice). Nomination ai César per Michael Aumont quale migliore attore non protagonista (è l'amico Pierre). Dedicato alla moglie Colo.
Voto: 7
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