Regia di Alain Tanner vedi scheda film
Tanner scrive (con John Berger) e dirige questa curiosa fiaba moderna in cui gli elementi di realismo si fondono in maniera apprezzabile con le derive eccentriche (la scelta, per esempio, di affidare agli 8 personaggi principali solamente nomi che cominciassero per Ma). E in effetti si tratta di un lavoro che si propone in maniera 'garbatamente' anticonformista, fra lampi onirici (rigorosamente in bianco e nero) e sottotesti critici (un continuo richiamo al '68 ed alla generazione che ha provato a 'cambiare il mondo' - quella degli otto protagonisti, tutti a loro modo 'rivoluzionari' -, riuscendo al massimo a cambiare sè stessa: un passo avanti, anche se inferiore a quanto si era prefissata), con una morale positiva degna appunto di una favola, a cui rimanda anche il finale aperto e speranzoso. Chi è dunque Jonas, il personaggio che dà il titolo al film e che pure si vede solamente per pochi secondi alla fine della pellicola? Giona visse tre giorni nella balena, per uscirne: metafora esplicita del parto, ma non solo. La storia di Giona viene anche accostata alla resurrezione di Cristo (e, per quanto il film non accenni granchè alla religione, cita comunque la balena) e questo bambino altro non è se non la speranza per un futuro migliore, una volta valicato l'ostacolo fatidico del Duemila: un nuovo anno, un nuovo secolo, un nuovo millennio. E, cosa che più conta, una nuova vita. 6,5/10.
Otto vite si intersecano nella Svizzera di fine Novecento: c'è un professore di storia anticonformista, una cassiera che regala ai clienti la merce e finisce in galera, c'è un giornalista insoddisfatto ed una coppia che vive in campagna e che ha deciso di fare un figlio. Il piccolo, che sarà un adulto del nuovo millennio, si chiamerà simbolicamente Jonas (Giona).
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