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Chi sta bussando alla mia porta?

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Chi sta bussando alla mia porta?

di alan smithee
7 stelle

Il desiderio bruciante e la regola intransigente: due aspetti inconciliabili che dividono e rendono scostante, incomprensibile e persino poco onesto ed irrispettoso, il comportamento di un giovane italo-americano, impegnato dapprima a corteggiare una bella ragazza incontrata per caso sulla via, per poi ad abbandonarla non senza umiliazione.

Esordio col botto per un giovane Martin Scorsese, che dedica le prime inquadrature del suo esordio cinematografico nel lungometraggio all’amata madre Catherine, di evidenti origini italiane e in futuro spesso attrice nei film del figlio: la scena casalinga in cui la donna è una madre (o nonna) tutta indaffarata, che prepara ed inforna ai figli (o nipoti) affamati, una specie di calzone ripieno, servendolo poco dopo in tavola per la gioia dei ragazzi. L'immagine indicativa di un ambiente familiare tradizionale legato saldamente ai valori cattolici ed anche molto intransigenti della famiglia, nella sua accezione più classica e timorata dei dettami religiosi, anzi ecclesiastici, più tradizionali.

L’azione in seguito si svolge a Little Italy, New York, ove seguiamo il trentenne J.R. mentre bighellona con i due amici Joey e Gagà alla ricerca di emozioni facili e svago sguaiato. Un giorno però, mentre è da solo, il ragazzo incontra, nei pressi di una panchina intenta a leggere una rivista francese, la bella e bionda Katy: attratto dalla ragazza, inizia un po’ goffamente a farle la corte. Simpatico e di bell’aspetto, J.R. riesce comunque senza molte difficoltà a far breccia nel cuore della giovane, che, da brava ragazza emancipata, non si perde in mille svenevoli moine per concedersi a momenti di intimità con il ragazzo di bell’aspetto appena conosciuto.

A quel punto tuttavia, la morale cattolica che ha da sempre ispirato e condizionato la vita del giovane, impedisce a quest’ultimo di andare a fondo con l’approccio sentimentale, e addirittura quando la ragazza gli racconta di aver subito tempo prima una violenza da un ex spasimante, egli reagisce in modo contraddittorio, divenendo freddo e colpevolista nei confronti della stesa vittima di quel fatto increscioso.

Sconvolto, cerca risposte nella sua parrocchia, presso il confessionale, ma tutto ciò che ottiene è un ulteriore allontanamento dalla ragazza.

Pungente affondo contro i pregiudizi e i principi fuorvianti del perbenismo cattolico colpevolista e intollerante, “Chi sta bussando alla mia porta” è animato e ravvivato da una direzione nervosa che ben coadiuva l’atteggiamento scostante del nostro combattuto protagonista, diviso tra il desiderio lacerante nei confronti della giovane donna e i logori arbitrari retaggi di una cultura orientata sulla colpevolezza e l’impossibilità di riscattarsi: principi questi esaltati da una visione miope e pure distorta dei dettami religiosi cattolici, contro cui questo film si batte senza mezzi termini o inutili tergiversamenti.

Ottimo Harvey Keitel che già in questa occasione mette da parte con una certa disinvoltura inutili e falsi pudori, mostrandosi apertamente in diverse scene di nudo (anche frontale) ove il suo corpo muscoloso ma naturale viene percepito dai chiaroscuri del bianco e nero con un tratteggio a carboncino di grande effetto scenico, certamente di grande effetto per quei tempi ed in linea con le arie rivoluzionarie sessantottine che inevitabilmente spiravano anche negli ambienti più tradizionalmente intransigenti o bigotti.

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