Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
Tratto da un poema epico medievale di Chretien de Troyes, Perceval le gallois è il più azzardato e il più insolito fra i film del grande Rohmer, recentemente scomparso. E' un'opera di indubbio interesse e di grande coerenza formale, ma risulta molto più "difficile" per lo spettatore rispetto ai film che componevano il ciclo di Commedie e proverbi o i Racconti delle quattro stagioni. Si racconta di Perceval, un giovane che vive con la madre vedova e che viene letteralmente rapito dai racconti delle gesta cavalleresche, tanto da decidere di diventare un cavaliere contro il volere della madre (entrambi i fratelli erano morti in battaglia e il padre era morto di dolore). Segue l'apprendistato alla cavalleria, i numerosi incontri, duelli, avventure in cui il protagonista si mette alla prova e arriva ad una conoscenza più approfondita di se stesso e del mondo.
Il film è unico nella filmografia di Rohmer per svariate ragioni : qui il regista ha volutamente rifiutato il naturalismo della messa in scena, optando per una visione del Medioevo stilizzata e artificiale, con scenografie di esibita teatralità. Anche la narrazione è "originale", poichè i dialoghi sono tutti in versi ottonari rimati (chi non comprende il francese perde buona parte dell'effetto) e ci sono molte parti cantate, con orchestrazioni medievali per flauto e strumenti a corda. Un film totalmente "alieno" dunque, controcorrente e spiazzante, che merita l'ammirazione per il rispetto al testo e la capacità di trasporlo in immagini mantenendone intatto il senso e alcune delle specificità della scrittura poetica. Tuttavia, pur avendomi sedotto per molti versi (lo splendore figurativo è innegabile, come in una miniatura medievale animata), il film non entusiasma al livello di un capolavoro : forse la durata di 138 minuti è eccessiva, forse manca un autentico coinvolgimento emotivo e l'interesse, soprattutto nella seconda parte, tende a calare un pò. Tuttavia, si tratta di un esperimento coraggioso e ardito, che merita di essere visto da quei "felici pochi" di cui parla Morandini nella sua recensione.
VOTO 8
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta