Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
Versione sostanzialmente fedele del romanzo incompiuto di Chrétien de Troyes, scritto verso la fine del XII secolo. Il giovane Perceval, dopo aver incontrato alcuni cavalieri nella foresta, lascia la madre (che lo aveva sempre tenuto all’oscuro del mestiere delle armi, per paura di perderlo) e ha varie avventure: entra in contatto con la corte di re Artù, riceve un’educazione cortese dal gentiluomo Gornemant, conosce la bella Blanchefleur (Arielle Dombasle all’esordio), viene ospitato dal Re Pescatore nel cui castello vede il Graal. L’elemento caratterizzante del film è il netto antirealismo: i personaggi parlano in versi a rima baciata e si muovono in uno spazio circoscritto; la messa in scena è elementare, per non dire primitiva (fondali dipinti, scenografie stilizzate), e mira a riprodurre l’ingenuità dell’arte medievale. L’ampio spazio dedicato alle vicende di Galvano, che crea uno squilibro narrativo, si trovava già nel romanzo (dove anzi era accentuato); non così la sequenza finale, con Perceval assimilato apertamente a Cristo, che peraltro appare francamente eccessiva (roba da ciellini, per capirsi). Luchini, con quella faccia da bamboccione, è l’interprete ideale del personaggio. Nell’insieme il film colpisce per la sua esibita inattualità, non lascia indifferenti, ma neppure entusiasma. Di Rohmer, come ho scritto altrove, preferisco le ambientazioni contemporanee.
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