Regia di Jean Renoir vedi scheda film
Un film serio con una pernacchia finale dello stesso Renoir, ecco come definirei quest'opera. La prima parte, con i tentativi di arrestare il mostro, è la più debole, perché in fondo il regista francese non è mai sta forte con le scene d'azione. Poi però il film acquista progressivamente spessore, per culminare nella registrazione delle memorie del medico pazzoide. Il monologo è infatti denso di concetti e implicazioni, come pure molto coinvolgente per il suo modo di narrare il progressivo scivolare del protagonista verso la perversione. Molto dell'efficacia e dell'interesse di questa tematica (la presenza del male nell'essere umano e l'attrattiva che esso esercita) si deve al romanzo di Stevenson, ma bisogna dire che Renoir ha sviluppato molto bene il discorso. Devo dire che mi sono sinceramente stupito nel trovare in un film di questo regista interessanti e ferrati discorsi sul male, sull'immortalità dell'anima, sull'espiazione del peccato, sulla coscienza e il rimorso, e infine sulla salvezza proveniente da Dio. Essa viene infatti proposta dal notaio, e a ragion veduta, visto che Opale ha ancora un barlume di umanità, ma questi la rifiuta per sfiducia e disperazione. Il Mereghetti parla di un “Hyde” semplicemente ribelle alla morale borghese, ma io non vedo che cosa ci sia di questo nel malmenare una bambina o nell'ammazzare di botte un passante a caso. Io vedo il mostro semplicemente attratto dal male in quanto tale (anche in ambito sessuale). A questo proposito bisogna dire che l'attore che lo interpreta è molto efficace, odioso e repellente al punto giusto. Tuttavia, come dicevo, il finale è anarchico e beffardo, a causa del commento della voce di Renoir che il medico, dopo esser morto nella perversione e nella disperazione, è colui che ha avuto la parte migliore nella vicenda. Una frase del genere irride e prende a calci sia il significato del romanzo di partenza, che tutti i discorsi e le analisi sul male del medico pazzo. E poi, la principale aspirazione di quest'ultimo era eliminare la coscienza e il peso che essa esercita su di noi quando commettiamo il male. Non è forse la coscienza quella voce interiore – voce di Dio – che trattiene dal male chi l'ascolta? Cosa resterebbe del mondo se uccidessimo anche quella? Il regista da vecchio era diventato proprio cinico.
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