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Toni

Regia di Jean Renoir vedi scheda film

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La recensione su Toni

di Antisistema
8 stelle

Antenato dei film neorealisti in un certo senso, questo Toni di Jean Renoir (1934), conferma il notevole eclettismo del regista alle prese non solo con vari generi nella sua filmografia, ma anche capace di mutare approccio nella messa in scena con idee originali, mai banali e sopratutto diversificando l'approccio al mezzo in base alla materia da trattare. 

Introdotto da una didascalia iniziale, il breve prologo di una decina di minuti circa poggia in effetti le basi portanti per quello che 10 anni più tardi con Visconti (assistente alla regia di questo film), De Sica e Rossellini diventerà uno degli assi portanti della corrente del cinema detta neorealismo; uso di attori non professionisti, predilizioni per le scenografie naturali a scapito delle ricostruzioni e una marcata attenzione verso gli aspetti sociali. I semi sono stati gettati da Jean Renoir, il quale confeziona un prologo di un'indubbia efficacia immergendo lo spettatore nell'atmosfera del sud della Francia, dove s'incontrano varie culture e nazionalità, creando una sorta di "babele" che in questo luogo però riesce a vivere abbastanza in armonia. La Francia anni 30' è un luogo ambito per gli immigrati sia italiani che spagnoli, i quali cercano di trovare un modo per migliorare la loro condizione sociale, affrontando viaggi sfiancanti in treno e lavori umili quanto massacranti, costretti a subire i pregiudizi altrui e la diffidenza di altri migranti venuti lì in precedenza, i quali temono che i nuovi arrivati gli rubino il lavoro. 

Certo; la Francia anni 30' non è l'Italia del secondo dopoguerra, quindi gli aspetti sociali inizialmente piantati e forieri di potenziali sviluppi interessanti vengono presto accantonati per ritornarvi solo nella bella scena di chiusura circolare, così come i costumi ed il trucco degli attori, se gli uomini hanno un aspetto trasandato e "vissuto" nel modo in cui sono vestiti e nel poco trucco di scena sui loro visi, le due donne invece sono truccate in modo eccessivo (specie nelle zone degli occhi), creando quindi una mancanza di tono nell'immagine. La pellicola sfocia, dopo il prologo e tranne in alcune scene ambientate nella cava, prettamente nell'ambito romanzesco, virando il la narrazione sui lidi di un melodramma, in cui Toni (Charles Blavette) intreccia una relazione sentimentale con la padrona della sua casa Marie (Jenny Helia), finendola poi con sposarla seppur il suo vero amore sia la giovane spagnola Josepha, la quale però viene sposata da Albert, il caposquadra di Toni. 

 

Gli attori non professionisti scelti per lo più tra gli abitanti del posto, insieme alle scenografie in "loco" e non ricostruite in studio, sono sicuramente la nota più dirompente ed originale della pellicola, alla quale conferiscono un sapore autentico, specie nelle sequenze musicali in cui si lasciano andare a canti tipici della loro tradizione. 

L'impatto neorealista prende sorpavvento nelle sequenze della cava, specie quando salta in aria una parete di essa e l'audio scatta qualche centesimo di secondo dopo l'esplosione poichè il regista registrava il suono contemporaneamente all'immagine, per donare autenticità ad essa. Non mancano notevoli composizioni figurative dal punto di vista della costruzione dell'immagine come il tentato suicidio di Marie nel lago, dove il cielo e l'acqua si perdono nell'orizzonte sino ad annullarsi l'uno nell'altro e creare una sfumatura di grigio che elimina le differenze a favore della fusione tra due elementi così diversi nella composizione e che il colore non avrebbe saputo di certo restituire. Il film incespica nel lato puramente romanzesco, con un melodramma che fatica a carburare anche per delle perfomance attoriali nei ruoli principali non sempre all'altezza della modernità della regia di Renoir, che fà uso di un montaggio e di uno stile di regia con scelte dinamiche come l'uso marcato dei carrelli, avanti per i tempi in cui venne girato. 

Alla sua uscita fu un flop sia di critica che di pubblico, costrigendo il regista ad effettuare dei tagli al film, i quali purtroppo sono ben visibili in alcuni punti per degli stacchi abbastanza netti e nel finale finiscono con l'accellerare troppo le dinamiche della narrazione, con il risultato che i destini di Josepha e Toni, sono gestiti in modo eccessivamente frettoloso e poco chiaro nelle motivazioni del loro agire. Tra i primi esempi di cinema realista, forse il primo in assoluto in ambito filmico di finzione (non un documentario ecco), anche se in alcuni punti smarrisce la strada, comunque s'è guadagnato il suo posto nella storia del cinema, risultando quindi un ottimo film nel complesso riuscito, seppur accostabile più come precursore del neorealismo puro e crudo, come anticipatore della contaminazione del cinema d'impianto narrativo-romanzesco con inserti realisti, più avvicinabile quindi ad un Riso Amaro di Giuseppe De Santis (1949). 

 

locandina

Toni (1934): locandina

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