Regia di Jean Renoir vedi scheda film
Film cardine del realismo cinematografico, tanto da esser da alcuni indicato come un precursore del neorealismo italiano. Renoir sceglie attori non professionisti o comunque poco noti, rifiuta di truccare volti e acconciature e decide di girare su luoghi veri, mentre niente è ricostruito in studio. Non c'è praticamente colonna sonora (come si suol dire "extradiegetica"), anche se la musica è molto presente, attraverso le canzoni cantate dagli stessi operai protagonisti del fim, sulle note della chitarra suonata da un immigrato corso.
Il realismo è , per così dire, doppio, perché al verismo di luoghi e volti si aggiunge il fatto che la trama è desunta da un vero fatto di cronaca, raccontato al regista da un suo vecchio compagno di scuola, nel frattempo divenuto commissario di polizia. In questo senso, è bandito dalla narrazione qualsivoglia melodramma, come si sarebbe potuto desumere da una vicenda tragica quale quella dell'immigrato italiano Antonio "Toni" Canova in terra di Francia.
Nonostante questo, anche per il suo tragico fatalismo, che tutto sommato rifugge qualsiasi chiave di lettura squisitamente politica, più che ai Rossellini e De Sica, Toni rimanda ad Ossessione di Visconti, che di Renoir, e proprio per questo film, era stato giovane assistente. Peraltro, il regista francese, pur rendendosi conto della novità di questa sua opera, non le dette alcun seguito, tanto che Toni rimane, tutto sommato, un'opera unica nella stessa filmografia renoiriana.
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