Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Nella palestra del taciturno Frankie, tra bulli, campioni ingrati e perdigiorno, arriva l’aspirante boxeur Maggie, dalla forza di volontà straordinaria e dal talento nascosto. Dopo le numerose ritrosie ad allenare una donna ultratrentenne, Frankie comincerà ad occuparsi seriamente di Maggie, che ben presto scala i vertici della sua categoria, arrivando alla “grande occasione” di Londra. Ma il destino è beffardo, perché a volte l’abnegazione non basta per raggiungere i propri sogni…
Dramma commovente di e con Clint Eastwood, che conferma il clamoroso talento di Hilary Swank e infarcisce il tutto con la presenza importante di Morgan Freeman. “Million dollar baby” è una storia lacrimevole e pessimistica, che tocca le corde del cuore degli spettatori, mixando assieme i sentimenti più puri alle azioni più bieche, vivendo per contrasti senza scadere nel manicheismo. Il film è in grado di tracciare sui volti dei tre attori principali dei percorsi di vita che lo spettatore sarebbe capace di seguire col dito sullo schermo, quasi fossero segni indelebili, fisicamente ingombranti, riposti sulle figure solitarie e sventurate di Frankie, Maggie e Scrap. Ma non lo si consideri un melodramma. Questo grazie alla sceneggiatura (a cui il film deve moltissimo), ma anche dalla regia intimista, marchio di fabbrica del Clint Eastwood regista, che ripudia il melò e riesce a stare nei canoni del film drammatico.
L’interpretazione è impeccabile da parte di Swank e Freeman, e anche "l’espressione senza sigaro” del vecchio Clint regge bene la scena, commuovendo oltremodo, specie quando ci si rende conto che il fato gli ha dato la sua grande (seconda) occasione, quella di fare il padre di una figlia che quel rapporto lo ha cercato e voluto fortemente, al contrario di quella “naturale”, che invece pare non considerarlo per niente. Il film si divide in due parti entrambe molto forti e coinvolgenti; in mezzo c’è uno sgabello di troppo. Se si esclude la credibilità proprio della scena madre appena citata (o meglio il modo in cui essa è girata), il film è attendibile per tutto il suo svolgimento, nonostante alterni orizzonti lirici e curve infime. E questo perché Eastwood, autore anche delle musiche, non fa altro che mettere in campo la vita, non quella romanzata e piena di ovatta, ma quella reale, purtroppo più verosimile di quanto si possa talvolta immaginare…
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