Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Clint Eastwood è senza dubbio uno dei miei - pochi - registi preferiti. Non conosco tutta la sua filmografia e tanti titoli mancano alla mia visione completa della sua opera, ma quelli che ho visto mi sono piaciuti tutti, logicamente tra diversi titoli ho delle preferenze. Però in tutti mi pare di scorgere caratteristiche comuni e riconoscibili che sono sentimenti e personaggi un po' ruvidi, schivi, un linguaggio asciutto ed essenziale e la totale mancanza di orpelli. Oltre a Million Dollar Baby, penso a Mystic River, Gran Torino, Invictus e pure Hereafter per citarne solo alcuni.
Qui siamo di fronte a un film complesso che affronta tematiche diverse e non facili: la solitudine, la voglia di riscatto di quelli che nascono in una condizione di miseria umana e morale, il senso di colpa che ci lega a un passato non risolto, le domande a Dio poste prima con ironia beffarda e poi con disperazione, a un prete poco elastico e chiuso nelle sue certezze che non sa dare risposte.
La storia tragica e dolorosa di Maggie, ragazza con la passione per la boxe, e il suo allenatore Frankie Dunn è raccontata da una voce fuori campo, quella di Scrap, amico ed ex pugile che lavora nella palestra dove Frankie allena i suoi ragazzi.
E se all'inizio Frankie non ne vuole sapere di allenare una donna, dovrà cedere e rassegnarsi di fronte alla testardaggine di Maggie, ostinata e determinata a salire sul ring e combattere per riscattare sè stessa, perchè lei ha un sogno che nessun altro può vedere e capire, ed è tale questa forza che la ragazza mette K.O le sue avversarie al primo round.
Così, nel tempo tra Frankie e Maggie si instaura un sentimento fatto di affetto un po' ruvido e poche parole, (prima regola: non fare domande... non chiamarmi capo), diventano un padre e una figlia.
Non si sa per quale motivo, - ma non è importante per capire il tormento del personaggio, è qualcosa che fa parte del chiaroscuro, delle ombre scure che convivono con le luci - con quella vera Frankie non ha un rapporto e le lettere che le scrive tornano tutte indietro ancora chiuse.
La famiglia di Maggie è disastrata, anaffettiva, e quanto moralmente discutibile si scopre alla fine, quando sul letto d'ospedale di Meggie la madre arriva con delle carte da far firmare per non perdere la casa che la figlia le ha comprato con i soldi guadagnati con la boxe.
Alla fine del film si parla anche di eutanasia, ma la dolce morte non è l'argomento centrale del film, è solo un altro dei suoi elementi, la scelta estrema di Meggie abituata a lottare fin dalla nascita e decisa a lottare fino alla fine, e di Frankie stesso che si trova quasi annientato dal conflitto.
Nel film sono molto forti i chiaroscuri, dalle ombre emergono i personaggi, soprattutto Frankie e non credo sia casuale, è una caratteristica precisa del personaggio, la sua luce e la sua oscurità, il lato nascosto; può sembrare un paragone troppo azzardato, ma guardando il film, in alcune scene mi è venuto naturale persare ai quadri di Caravaggio, il pittore seicentesco che usava luci e ombre giocando sui forti contrasti.
Gli interpreti sono grandiosi, una straordinaria Hilary Swank, l' Eastwood che conosciamo, forse qui alla sua prova migliore e il sempre bravo Morgan Freeman.
Bellissimo film, ironico, tenero, eppure duro come un pugno nello stomaco.
Essenziale e quasi assente per gran parte del film, introdotta solo in rare occasioni.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta