Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Mi domando se ancora qualcuno possa pensare a Clint Eastwood come ad un paladino della destra. I suoi film, sempre più dolorosi e sinceri, scrutano implacabilmente la verità della sofferenza, l'avanzare degli anni, i rimorsi per le scelte sbagliate, il dolore visto come variante inevitabile dell'amore. Anche quando non lo incarna personalmente, il protagonista dei film di Eastwood si trova sempre a fare i conti con la realtà, con il fallimento, cerca di reagire con i propri mezzi, spesso inadeguati, tra i quali trova certo posto la violenza, se questa è l'unica risposta possibile o comprensibile per il personaggio (vedi Gli spetati). Ed è un cinema in cui le donne hanno la capacità di reagire e conquistare le redini della situazione, guidando le azioni di uomini molto meno inclini alla ponderazione, come nel ribaltamento tragicamente scespiriano di Mystic River.
Girato quasi esclusivamente in interni sporchi e spogli, con contrasti fotografici pressoché espressionistici per l'evidenza dei chiaroscuri , Million Dollar Baby vede il protagonista aggirarsi nel buio della propria palestra, nascondersi alla vita per cercare di lenire le ferite di un'esistenza non esaltante (l'abbandono della figlia, il senso di colpa per aver causato la perdita di un occhio del suo amico, Morgan Freeman), fino a quando, inaspettata e non voluta, un'aspirante pugile (Hillary Swank), non più giovanissima, gli chiede di insegnarle a combattere e di diventare il suo manager. C'è forse amore nel rispetto reciproco, una solidarietà tra emarginati, la comune voglia di sconfiggere l'ingiustizia di una vita grama e ingrata cercando la rivalsa e un briciolo di felicità, assieme alla dignità di potercela fare, almeno un'ultima volta. Ma la soddisfazione sarà breve, l'illusione dolorosa e definitiva.
Recitato con dolente attenzione alle sfumature, girato con modestia, Million Dollar Baby ha meritato tutti gli oscar incassati e fa appieno parte dell'opera di un autore tormentato e sereno nella narrazione, ormai dedito ad un cinema elegiaco e sofferto, striato di melodramma e confinante con la tragedia, soprattutto profondamente umano.
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