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Sideways. In viaggio con Jack

Regia di Alexander Payne vedi scheda film

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La recensione su Sideways. In viaggio con Jack

di Decks
8 stelle

Considerando che noi italiani siamo i maggiori esportatori di vino al mondo (assieme a Francia e Spagna), avrei sperato in un maggior successo di questo film, quando uscì nelle nostre sale.

Sfido chiunque, ad affermare con sicurezza di non aver mai gustato o assaggiato quest'ottima e antica bevanda, di cui, perfino romani ed egizi, decantavano lodi e consumavano con piacere.

Questa pellicola, oltre a consolidare ufficialmente la talentuosità di Alexander Payne, è anche una di quelle storie che tutti possono apprezzare: dai giovani imberbi che vedono il vino come vile strumento alcolico per le loro notti brave; fino ai savi nonni, che da sempre portano una bottiglia di Chianti o di Barolo a tavola, per deliziare ancor più questo catartico momento.

 

A farsi trasportare dai flutti e gli effluvi di questo nettare è Miles Raymond: un moderno Pablo Neruda, che apprezza le piccole cose quali il buon cibo, la letteratura, l'amore sincero e unico. Egli accompagna il tutto da una coppa di buon vino invecchiato, sorseggiato lentamente e con riflessività.

Non è Miles, però, il solo protagonista di questa storia: per quanto Payne si soffermi maggiormente su di lui, anche il piacente Jack è allo stesso modo importante e del tutto diverso dal suo compagno di viaggio, con il quale condivide una ventennale amicizia.

Per quanto Jack all'inizio possa sembrare una persona priva di cultura, se non quella che riserva al sesso femminile, la morale di questo divo delle soap opera non è poi così illetterata: Jack, nel suo essere istintivo ed estroverso, assomiglia più ad un poeta maledetto che ad un bagordo amante dei vizi; esplosivo e frizzante, proprio come i vini che lui preferisce. Una persona su cui Miles avrà molto da imparare; da questo Arthur Rimbaud moderno apprenderà come andare avanti e a lasciar perdere l'autocommiserazione.

 

 

Quello di Payne è un cinema di facce; i suoi dialoghi sono di una bellezza unica e pregni di significato, il suo, non è un cinema appariscente, ma ben calibrato e dalle pulsione prettamente umane. Difficile riassumere il complesso rapporto e le articolate psiche, non solo di Miles e Jack, ma di tutti i personaggi facenti parte di quest'opera.

Leggere un modesto parere, non basta, per esempio, a far comprendere come Jack non sia un semplice scocciatore, bensì un antidoto alla depressione dell'amico: la loro è una magica alchimia in cui ci perdiamo e diventiamo persino un po' invidiosi nel vederla. Quell'ultimo sguardo d'intesa, mostrato sul finale quale simbolo di quell'amicizia pura e sincera è un sentimento più unico che raro.

Non dimentichiamoci poi delle controparti femminili: quali Stephanie, premurosa e tranquilla, ma che con specifici elementi mostra il suo carattere forte e leonino, che siano una moto rombante o il tirare fuori gli artigli quando serve e non solo durante l'amplesso.

Infine vi è Maya: inizialmente può sembrare la meno riuscita, ma presto quel suo rimanere dietro le quinte si rivela solo essere prudenza e titubanza. Ella scioglierà tutte le sue esitazioni in quel magnifico dialogo tra lei e Miles, uno dei momenti più intensi del lungometraggio, dove il loro amore per il vino è solo una facciata per parlare di loro stessi.

 

 Il vino è vivo, come ognuno di noi. Nasce, cresce e raggiunge la maturità. In quel momento, ha un gusto fantastico.

 

 

 

Questo quartetto splendido è la vera forza del film, senza il bisogno di frasi a effetto, senza dover essere mai sopra le righe, quello che ci sorprende è la loro quotidianietà e il loro realismo.

La sceneggiatura di Alexander Payne è talmente sublime da far sembrare ogni singola parola verosimile: perfettamente equilibrata tra parti sensibili e poetiche, capaci di emozionare anche il più duro di cuore, parti più ironiche che sanno divertire anche il più serioso, e infine, un riconoscibile cinismo di fondo (presente, ma meno accentuato che in "A proposito di Schmidt" e "Election").

Anche se è il copione la cosa migliore del film, vanno riconosciute le ottime interpretazioni di Paul Giamatti, Thomas Haden Church, Virginia Madsen e Sandra Oh: la loro espressività è così palpabile e toccante che si finisce inevitabilmente per affezionarsi e provare empatia per ognuno di loro, e, come detto prima, uno sguardo di complicità può dire tanto sull'affetto che intercorre tra Miles e Jack.

 

 

Il pezzettino di vita che inscena Payne in questo suo quarto lungometraggio ha dalla sua una chiave di lettura originalissima: il percorso di Miles e Jack, che procede pari passo con quello di una degustazione vinicola è interessante e permette anche agli spettatori più appassionati del cinema d'autore, di perdersi in queste fasi di macerazione, fermentazione e maturazione.

Tuttavia, per quanto vi siano degli spunti freschi e particolari, ci vuole molto prima che la storia prenda la giusta armonia: l'inizio è molto lento, privo di quella forza che si troverà successivamente, sorso dopo sorso; inoltre, malgrado possieda delicati pregi e un'eleganza concettuale, si dilunga troppo nelle sue tematiche, finendo per ripetersi e crogiolarsi in quel dolore di Miles, che termina in un modo un po' troppo accomodante. Di certo si poteva togliere qualcosa.

 

Peccato anche per la fotografia di Phedon Papamichael: una scialba e forzata patina stile "Sundance", con errori grossolani negli effetti di controluce; rischia di voler vestire, e dunque categorizzare controvoglia, il quarto lavoro di Payne come un'operetta indipendente di maniera.

Montaggio e musica sono ben riusciti, non proprio rilevanti, ma sicuramente di buona fattura. In particolar modo la colonna sonora scelta da Rolfe Kent si adatta fluidamente al susseguirsi di eventi. Niente di meglio che delle sonorità jazz per fare da accompagnamento agli splendidi paesaggi (non me ne voglia il meraviglioso Chianti) della contea di Santa Barbara in California.

 

Alexander Payne dimostra di essere un importante e fondamentale cineasta del XXI° secolo: il suo stile nostalgico e la sua profonda sensibilità lo rendono erede di quei magnifici umanisti che furono Charlie Chaplin e Billy Wilder, capace come loro di miscelare allo stesso tempo lato comico e tragico della natura umana; qui rappresentabile dalla scena in cui Miles beve il suo prezioso Château Cheval Blanc in un bicchiere di plastica di un fast food.

 

Questa commedia agrodolce è l'ennesimo prodotto che contiene una spiazzante autenticità e una sottile magia che va assaporata, osservata e gustata proprio come si fa con un buon bicchiere di vino a fine pasto, chiudendo gli occhi e ascoltando il turbinio dei nostri pensieri.

Il mio consiglio è quello di godersi questo film e di leggersi poi la bellissima "Ode al Vino" di Pablo Neruda, che, a mio parere, messe assieme sono il miglior modo che abbiamo per elogiare questa stuzzicante bevanda.

 

 

Vino color del giorno,
vino color della notte,
vino con piedi di porpora
o sangue di topazio,
vino,
stellato figlio
della terra,
vino, liscio
come una spada d’oro,
morbido
come un disordinato velluto,
vino inchiocciolato
e sospeso,
amoroso,
marino,
non sei mai presente in una sola coppa,
in un canto, in un uomo,
sei corale, gregario,
e, quanto meno, scambievole.

 

A volte
ti nutri di ricordi
mortali,
sulla tua onda
andiamo di tomba in tomba,
tagliapietre del sepolcro gelato,
e piangiamo
lacrime passeggere,
ma
il tuo bel
vestito di primavera
è diverso,
il cuore monta ai rami,
il vento muove il giorno,
nulla rimane
nella tua anima immobile.
Il vino
muove la primavera,
cresce come una pianta di allegria,
cadono muri,
rocce,
si chiudono gli abissi,
nasce il canto.
Oh, tu, caraffa di vino, nel deserto
con la bella che amo,
disse il vecchio poeta.
Che la brocca di vino
al bacio dell’amore aggiunga il suo bacio.

 

Amor mio, d’improvviso
il tuo fianco
è la curva colma
della coppa
il tuo petto è il grappolo,
la luce dell’alcol la tua chioma,
le uve i tuoi capezzoli,
il tuo ombelico sigillo puro
impresso sul tuo ventre di anfora,
e il tuo amore la cascata
di vino inestinguibile,
la chiarità che cade sui miei sensi,
lo splendore terrestre della vita.

 

Ma non soltanto amore,
bacio bruciante
e cuore bruciato,
tu sei, vino di vita,
ma
amicizia degli esseri, trasparenza,
coro di disciplina,
abbondanza di fiori.
Amo sulla tavola,
quando si conversa,
la luce di una bottiglia
di intelligente vino.
Lo bevano;
ricordino in ogni
goccia d’oro
o coppa di topazio
o cucchiaio di porpora
che l’autunno lavorò
fino a riempire di vino le anfore,
e impari l’uomo oscuro,
nel cerimoniale del suo lavoro,
e ricordare la terra e i suoi doveri,
a diffondere il cantico del frutto.

 

Pablo Neruda - Ode al Vino

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