Regia di Alexander Payne vedi scheda film
La vita in un calice di vino, lo devi scrutare , esaminarne i riflessi e solo dopo, con grande delicatezza, lo devi assaporare, con la giusta calma per andare oltre il sapore iniziale e coglierne invece i significati nascosti.
Il vino non lo puoi buttare giù come fosse acqua, bevanda comunque nobile, o uno di quei drink cui la pubblicità e uno stile di vita dedito all'apparenza hanno, ormai da anni, dato un ruolo di rilievo nelle nostre (pessime) abitudini alimentari.
Alexander Payne prende spunto dalla cultura del vino per regalare una storia di amicizia e di filosofia sul modo di vivere, incarnandola in due protagonisti, amici fraterni ma differenti sotto ogni punto di vista.
Miles è un insegnante di letteratura, aspirante scrittore nonché enofilo di altissimo profilo, non beve il vino ma lo studia, ne avverte i profumi e lo assapora con la lentezza dell'intenditore.
Jack è invece un attore di belle e ormai consumate speranze e di tutt'altro che strabiliante successo, per lui il vino va buttato giù senza troppi pensieri, così come la vita, soprattutto la sua, che di pensieri non è che ne abbia pochi, semplicemente uno solo: le donne.
Miles è colto, bruttino, con la pancetta e pure un po' depresso per via dell'abbandono della moglie Victoria, avvenuto un paio d'anni prima e dal quale non si è mai ripreso.
Jack è belloccio, estroverso e gioviale, ma il bell'aspetto e i sorrisi cordiali sono una maschera sotto cui si nasconde la fragilità di un insicuro alla continua ricerche di conferme.
Accade dunque che Jack decida di sposarsi con una fanciulla di famiglia benestante (e concludere così la sua carriera di seduttore) e che Miles lo voglia condurre in una sorta di “addio a celibato” sotto forma di viaggio tra i verdeggianti colli della California ammantati di vigneti, per una vacanza a base di buon vino, buon cibo e relax.
Vacanza che invece il compare vive come l'ultima occasione di sparare qualche colpo prima di legarsi in maniera definitiva (si fa per dire) a una donna.
Tra degustazioni e viaggi in un paesaggio incantevole di verdi vallate e vigne rigogliose, i nostri incontrano due simpatiche (e avvenenti) rappresentanti del genere femminile, Maya bionda cameriera con ambizioni di laurea, vecchia conoscenza di Miles (con cui condivide la passione enologica), e Stephanie, che lavora per una casa produttrice di vini.
Come è facilmente intuibile l'incontro non sarà affatto privo di conseguenze, e in un alternarsi di scene comiche e drammatiche porterà i due amici a fare i conti in qualche modo con le proprie insicurezze e frustrazioni.
Con Sideways. In viaggio con Jack ci troviamo di fronte a una pellicola di indubbio fascino ma la cui riuscita finale è inficiata purtroppo da alcuni limiti che finiscono per abbassare la qualità di un prodotto che avrebbe potuto altrimenti essere di notevole livello.
La storia, va detto, è raccontata molto bene, i caratteri dei protagonisti sono molto bel delineati e, soprattutto, Payne dimostra una abilità veramente speciale nel dosare le parti più umoristiche con quelle dal taglio più serio e drammatico (cosa che ha fatto in maniera eccellente anche nel recente e validissimo Nebraska).
Assolutamente pregevole risulta poi il lavoro fatto dagli attori, con uno strepitoso Paul Giamatti nei panni del depresso Miles, ottimamente coadiuvato da Thomas Haden Church in quelli briosi e farfalloni di Jack, Virginia Madsen nel ruolo dell'affascinante Maya e Sandra Ho nella parte di Stephanie.
Tuttavia, al di là di una lunghezza che francamente è eccessiva, quello che va purtroppo a inficiare, sia pur parzialmente, sul risultato complessivo è la parte conclusiva, dove ciò che prima era comicità garbata lascia spazio al parodistico e persino al grottesco (e preferisco non specificare oltre per non rovinare la visione a coloro che non conoscono il film), recuperando comunque proprio nelle ultime battute con un finale non definito ma che è un invito alla speranza.
Insomma quello che va a stridere è il contrasto fra i tempi, un film che per larga parte è compassato come la degustazione di un vino di pregio diventa nel finale precipitoso come un vinello frizzante da aperitivo.
Ed è un vero peccato perché se l'ultimo passaggio fosse stata congegnato con più attenzione e con il mantenimento dei ritmi del resto della storia, ci sarebbe trovati di fronte a una delle migliori pellicole, e forse alla miglior commedia, degli ultimi dieci anni. Il voto, comunque alto, va di conseguenza.
Nota finale per l'ambientazione scelta, la meravigliosa Santa Ynez Valley, di cui il film esalta gli straordinari paesaggi
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