Il piccolo Apu è testimone della triste condizione della propria decaduta famiglia bengalese, di casta bramina, ai primi del Novecento. La sorella maggiore Durga muore mentre un violento monsone investe il villaggio. Il padre, dopo aver perso il lavoro, decide di trasferirsi con la famiglia a Benares.
Note
Realizzato con pochi mezzi, è lo straordinario esordio di Satyajit Ray e la prima parte della trilogia di Apu. Il governo indiano lo censurò perché mostrava «una povertà troppo abbietta». Il ritmo elegiaco e lo sguardo rivolto alla bellezza sanno trattare la miseria senza estetizzarla, toccando una dimensione più vera e profonda della vita quotidianità. Premio Documento Umano a Cannes nel 1956.
Splendido esempio di neorealismo indiano, toccante nella sua austera semplicità, incede con passo flemmatico e con taglio naturalistico e quasi documentaristico, rifuggendo il pietismo lacrimoso e l’enfatizzazione drammatica, ma riuscendo a a stabilire una connessione emotiva potente attraverso il suo profondo umanesimo.
Sarbajaya (Karuna Bannerjee) deve prendersi cura dell’adolescente Dunge (Uma Das Gupta) e del piccolo Apu (Subir Banerjee). Il marito Harihar Roy (Kanu Bannerjee) non è molto presente perché impegnato a trovare un lavoro che soddisfi le esigenze minime della famiglia. Il suo sogno è diventare un poeta e drammaturgo, ma intanto che aspetta l'occasione giusta tenta ogni… leggi tutto
Drammaticamente lezioso ma non privo di spunti di riflessione suggestivi. "Il Lamento sul Sentiro" è il primo film dell'affermato regista indiano Satyajit Ray, e considerato il fatto che sia la prima parabola dei due capitoli successivi narranti la crudezza del dramma della povertà nella forma più autentica locale. Una sensazione mi sussurra nell'orecchio, che con molta…
Sarbajaya (Karuna Bannerjee) deve prendersi cura dell’adolescente Dunge (Uma Das Gupta) e del piccolo Apu (Subir Banerjee). Il marito Harihar Roy (Kanu Bannerjee) non è molto presente perché impegnato a trovare un lavoro che soddisfi le esigenze minime della famiglia. Il suo sogno è diventare un poeta e drammaturgo, ma intanto che aspetta l'occasione giusta tenta ogni…
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 15 - RETROSPETTIVA SATYAJIT RAY "Tutti dovrebbero partire almeno una volta. Restare sempre nello stesso posto rende meschini; è succeso a me. Anche a me piacerebbe partire.... vedrò cosa ne dice mio marito."
Una famiglia che vive in ruderi di antichi poderi in una zona rurale e poverissima del Bengala Occidentale.
Il padre Harihar fa il sacerdote,…
Una poverissima famiglia vive in una sorta di rudere diroccato nelle campagne del Bengala occidentale: la ragazzina Durga, la madre, il padre ed un’anziana zia, più verosimilmente un prozia, in apparenza centenaria (ma magari poteva essere una settantenne piegata da una esistenza di stenti). Le prime scene del film vedono l’arrivo di un nuovo personaggio, il secondo figlio…
Con riferimento alla playlist pubblicata da harendt, io trovo che fra i titoli che meriterebbero maggiore visibilità ce ne sono tanti che magari non hanno moltissimi voti ma che -proprio per questo-…
Il cuore della dodicesima è la trinità viva e attiva Lynch - Malick - Mann. Tre diverse coordinate degli Stati Uniti odierni più sconfinati. Qualche parola d'accompagnamento è necessaria…
Mancanti:
- Nijûshi no hitomi (1954)
- It Always Rains on Sunday (1947)
- Went the Day Well? (1942)
- Me and My Gal (1932)
- Gardiens de phare (1929)
- The Blue Bird (1918)
Un film che descrive senza false ipocrisie la poverta' assoluta nell'India di mezzo secolo fa ,girato da uno dei registi migliori di sempre.Una volta si diceva andrebbe proiettato nelle scuole.....una volta....perche' adesso docenti e alunni non sanno neppure dell'esistenza di una pellicola simile abituati come siamo a manovrare telefonini e tablet vari....che tristezza.....
Una specie di neorealismo indiano, questo è forse il genere a cui può appartenere questo film. Certo, il tono e l'atmosfera sono diversi da quello italiano, ma i personaggi e l'ambientazione non sono poi così dissimili: povera gente che tira avanti come può tra mille difficoltà, povertà, e disgrazie. Questo film, più precisamente, narra quasi…
Ispirandosi al neorealismo italiano (la visione di Ladri di biciclette fu un'esperienza fondamentale per il regista indiano), ma, ancora di più, all'estetica di Flaherty, Ray comincia con questo film la trilogia ispirata al romanzo Pather Panchali del connazionale Bibhutibhushan Bandyopadhyay. Con occhio attento a non perdere neanche il più piccolo gesto dei suoi straordinari…
Sinceramente, pur apprezzando la sensibilità registica di Ray in alcune sequenze, specialmente quelle con poche parole e improvvisi primi piani sui volti eloquenti del piccolo Apu e di sua madre, devo ammettere che lo stile di questo blasonato maestro indiano mi è apparso meno coinvolgente di quanto mi aspettassi. Ray è stato un cineasta eclettico, versatile. Il suo sguardo…
Ci sono alcuni registi che sembrano nati per stare dietro una macchina da presa, che già al primo film riescono a creare immagini memorabili, che si imprimeranno nella memoria degli spettatori... Certo, non è facile,…
Vite apparentemente normali, persone ordinarie, tutto scorre all'insegna della tranquillità. Ma la macchina da presa indaga, la storia fa il suo corso e appaiono le prime ombre: è il passato che chiama. Scomode…
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Commenti (2) vedi tutti
Splendido esempio di neorealismo indiano, toccante nella sua austera semplicità, incede con passo flemmatico e con taglio naturalistico e quasi documentaristico, rifuggendo il pietismo lacrimoso e l’enfatizzazione drammatica, ma riuscendo a a stabilire una connessione emotiva potente attraverso il suo profondo umanesimo.
leggi la recensione completa di port crosVoto 7 [18.02.2013]
commento di PP