Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
il cosiddetto docu-fiction è, credo, realtà recente. nel 1983 un documentario, per uno come olmi che ne aveva girati tanti, voleva forse dire prendere una telecamera e guardarsi intorno e se possibile dare una propria impronta, quando già decidendo COSA inquadrare e COSA vedere e guardare, era ed è già un'impronta personalizzante.
olmi inizia una sera d'inverno mettendosi fuori e dentro LA SCALA e sbattendo contro i conoscitori dell'opera e obbligandoli a guardare dentro quell'occhio ingombrante, spostandosi lentamente ma sempre più prepotentemente al di fuori, mentre degli operai nella notte milanese, stanno sistemando binari e pulendo monumenti.
di mano in mano che la notte lascia il passo al giorno, il traffico aumenta, la gente si sveglia e si mette in movimento. genitori che accompagnano i figli all'asilo, i ragazzi più grandi che si aspettano fuori dai cancelli delle scuole, operai e impiegati che sui vagoni del treno e dei tram attraversano la città per varcare cancelli di fabbriche e uffici della milano da bere che lavora.
dall'ernani verdiano della rappresentazione scaligera, la colonna sonora passa all'elettronica di mike oldfield ancora un pò prog in questa milano invernale che si ammanta della tipica nebbia dovuta allo smog e ai vapori che si sollevano dai navigli.
l'occhio di olmi cattura frammenti, istanti lavorativi(gli operai che raccolgono il fogliame nei archi con macchine agricole), volti a cui chiede il nome, cosa che ad alcuni sembra quasi strano. vaga nei quartieri popolari nelle famose case popolari milanesi coi ballatoi, dove gli appartamenti erano in pratica tutti collegati e avevano il cortile interno, per dare un senso di comunità.
una milano che in periferia sembra ancora un pò baraccata, come la roma pasoliniana degli anni sessanta o quella anni settanta dei film di scola. l'ombra funesta delle operose fabbriche, creatrici come nella londra di jekill e hyde della caratteristica nebbia, sovrasta i monumenti e le persone che in un certo qual modo vengono schiacciati da questa città dove i pedoni coi passeggini sono costretti a correre anche sulle striscie perchè le macchine non accennano a rallentare.
è un bello sguardo quello che olmi riserva a questa grande città, nonostante le storture non si preoccupino di nascondersi agli occhi dei più. le macchine pulisci.strade che fanno lo slalom per non raccogliere i senza fissa dimora che dormono sulle grate,le prostitute coi loro falò, le tangenziali che ricordano fiumi di luci e auto, le richieste di conoscere qualcuno negli annunci e gli innumerevoli volti in disfacimento di individui che sembrano non siano stati veramente ben accolti dalla metropoli.
la parola fine del film arriva su volti che dicono il loro nome in dissolvenza. con la soave grazia che lo contraddistingue olmi fa osservare come a volte può essere disumanizzante vivere in una grande città, e come può anche essere semplice fare la conoscenza di qualcuno, a volte solo sorprendentemente chiedere il nome.
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