Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Un'ora densa di immagini che ritraggono Milano com'era nel 1983 (tutto sommato, non troppo diversa da oggi). Migliaia di inquadrature, secondo il proverbiale montaggio frastagliato di Ermanno Olmi, che ricevette diverse critiche per aver rappresentato solamente gli aspetti deleteri del capoluogo meneghino. Critiche immeritate, a mio parere, poichè, per prima cosa, in questo documentario possiamo vedere anche persone allegre, coppie che si baciano, bambini che giocano, anziani che passeggiano, fast food a pieno regime, divertimenti, negozi, ippodromi e stadi sempre pieni; in secondo luogo, al di là delle scelte dei soggetti della rappresentazione (vengono omessi ad esempio la "Milano da bere", così come i centri sociali e le istituzioni politiche, concedendo qualche secondo ad una protesta sindacale), quello che conta sono le suggestioni che emergono dallo sguardo dell'autore sulla città esplorata. E il sentimento dominante è quello della solitudine, della ricerca di un contatto. Tante persone, di ogni età ed estrazione sociale, vediamo scorrere in questa pellicola, ma nessuno incontrare qualcun altro. In compenso, si ode una voce fuori campo leggere annunci di ricerca/offerta: di un lavoro, come di amicizia o compagnia. In questo fitto reticolato di palazzi, stradoni, tram e automobili, le persone restano sempre isolate. Di loro sappiamo al massimo solamente il nome, e forse l'impiego, dichiarato con imbarazzo alla macchina da presa. Agli occhi di Olmi, la Milano del 1983 è la stessa metropoli fredda e grigia del 1961, in pieno boom, ai tempi del "Posto": un luogo principalmente di lavoro (quando c'è). Inappropriata la colonna sonora di Oldfield.
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