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Tutte le ore feriscono... l'ultima uccide

Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tutte le ore feriscono... l'ultima uccide

di axe
8 stelle

Evaso dopo lunghi anni di permanenza in carcere, il rapinatore Gustave Minda detto Gu, ben conosciuto negli ambienti criminali francesi, vorrebbe far perdere le proprie tracce. Mentre due poliziotti, Blot e Fardiano, guidano, ciascuno a suo modo le ricerche, Gu si mette in contatto con una donna con la quale ha avuto in precedenza una relazione, Manouche, ancora innamorata. Con lei organizza la fuga in Italia. Prima di sparire ha l'occasione di partecipare ad una sanguinosa quanto redditizia rapina. Il colpo riesce ma attira l'attenzione  dei due investigatori; l'infido Fardiano estorce con l'inganno una confessione a Gu, facendo diffondere la notizia che il criminale ha tradito gli altri partecipanti. Gu, riuscito nuovamente a fuggire, torna da Manouche, ma prima di lasciare la Francia, compie la fatale scelta di affrontare gli ex-complici. Ottimo noir diretto dal maestro del genere Jean-Pierre Melville, offre allo spettatore un particolarissimo ritratto umano, quello del protagonista Gustave Minda. Gu è indubbiamente una persona ricca di contrasti. La non indifferente caratura criminale ne attesta la spregiudicatezza, la ferocia, l'avidità. Non uccide per piacere, ma se ciò è indispensabile per la realizzazione di un colpo, portare a termine una vendetta o liberarsi di una minaccia, procede senza alcuna remora. E' però anche un uomo d'onore. Non ha paura di esporsi in prima persona; accetta di prendere le proprie responsabilità nei confronti tanto della donna che lo ama, quanto delle persone con cui collabora. Se è l'avidità a metterlo nei guai - partecipa ad una violenta rapina nonostante sia un uomo già braccato ed inviso a diversi esponenti malavitosi - la scelta di difendere in prima persona il proprio "buon nome", lo rovina definitivamente. Muore, infatti, in conseguenza di una doppio scontro a fuoco, il primo con alcuni "colleghi" privi del medesimo senso dell'onore, il secondo con la polizia, sua naturale antagonista; l'ispettore Fardiano, incline all'intrigo, opera con metodi scorretti e violenti. Il commissario Blot è invece un avversario leale benchè implacabile. Il primo non sfugge alla vendetta di Gu, il secondo riceve da quest'ultimo un riconoscimento della propria correttezza, quando, in punto di morte, gli affida sia le sorti della compagna, sia le prove della malafede di Fardiano; una fiducia che Blot sa ricambiare. Come di consueto per il genere, i criminali vivono in compagnia della morte. Consapevoli dei gravissimi rischi cui le loro scelte li hanno esposti, sanno di doversi guardare sia dai pericoli dell'ambiente, reso infido da una fortissima competizione, sia dall'azione di forze dell'ordine i cui rappresentanti sono spesso privi di scrupoli. Il mondo della malavita è regolato da una sorta di codice d'onore, cui il protagonista ed altri personaggi si attengono. Uccidere, finire in carcere per anni, essere uccisi, sono "incidenti del mestiere"; collaborare con le autorità o tradire la fiducia di un compagno, non è ammesso. Sempre guardinghi, questi personaggi hanno la costante compagnia di un bicchiere o della sigaretta; amano frequentare locali notturni. Vestono con eleganza e non danno segno d'essere in difficoltà economica. L'impressione è che non delinquano per necessità, bensì per una serie di scelte che segnano per sempre le loro vite; per questo motivo, Gu è un personaggio sconfitto sin dall'inizio del racconto. Il desiderio di cambiamento non rende giustizia al suo ruolo nel mondo del crimine; un uomo come lui non può sparire nel nulla; è destinato ad uscire di scena con gran clamore, trascinando nella rovina chi lo merita. Il ritmo del film è costante; inizialmente, vi è qualche difficoltà nel comprendere i ruoli dei personaggi, superate le quali, le circa due ore e mezzo di durata scorrono rapidamente. Ho apprezzato, in particolare, le dettagliate sequenze dedicate alla rapina al furgone blindato. D'impatto anche le fasi antecedenti la resa dei conti; l'inquadratura del volto di Manouche anticipa la prevedibile amarezza dell'epilogo. Ottima interpretazione per Lino Ventura; il suo Gu è un uomo maturo, ormai stanco, eppure incapace di resistere alla prospettiva di un ricco bottino; fermamente deciso nella difesa della propria "rispettabilità", tanto da essere sinceramente addolorato per la cattura di un complice causata da un suo errore. Christine Fabrega interpreta Manouche, donna dall'indole indurita dal costante confronto con l'infido ambiente della malavita, ma fedele compagna - e complice - per Gu; tragica nel suo impossibile desiderio di normalità. Bravo, infine, Paul Meurisse, nel ruolo dell'arguto commissario Blot. Un film "indelebile"; Melville è in grado di coniugare un ritmo narrativo equilibrato a buone interpretazioni, ed un'evocativa rappresentazione di ambienti sordidi ad originali e verosimili caratterizzazioni dei personaggi, per i quali il poter essere annoverati tra le tradizionali categorie dei "buoni" o dei "cattivi", non corrisponde necessariamente ad una connotazione, rispettivamente, positiva o negativa.

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