Regia di Joseph Losey vedi scheda film
Sarà merito del restauro che l'ha riportato alla purezza originale delle immagini, sarà la sua natura crepuscolare, sta di fatto che il film di Joseph Losey, "Per il Re e per la Patria", è ammantato da ombre fitte, è pervaso di neri peciosi, è rischiarato dalla fiammella tremolante di una lampada, ed è trafitto dai raggi inopportuni dei corpi celesti che, forzando l'oscurità imposta dalla guerra, entrano come lame taglienti nelle baracche delle retrovie, attraverso porte anguste, finestrelle semichiuse e sbrecciature varie, regalo delle armi del nemico, del freddo birichino e dell'usura di una strategia di battaglia logorante.
Joseph Losey tratteggia i propri personaggi attraverso le ombre pencolanti che incidono, sui volti dei soldati, emozioni cangianti, ora austere, ora più intime. Il regista pone attenzione ai primi piani avvolgendo di una patina scura tutto ciò che sta attorno ai volti, quasi a voler dimenticare quanto succede al di fuori delle baracche, tra il fango, il ghiaccio, la dissenteria ed i parassiti.
Losey segue la tragedia del soldato semplice Arthur Hamp e del suo avvocato, il capitano Hargreaves, impegnato a difendere la fragile posizione del suo assistito di fronte alla Corte Marziale. L'accusa è quella più infamante e la pena è la peggiore. Il soldato semplice, ed anche sempliciotto, non ha molti argomenti a suo favore, così all'aristocratico Hargreaves non resta che la dialettica e la ricerca disperata delle attenuanti che possano far breccia nella corazza della disciplina militare. Dopotutto Hamp si era arruolato volontariamente a seguito di un gesto avventato che non depone certo in favore della sua assennatezza. La probabile infedeltà della moglie, inoltre, lo aveva turbato portandolo allo sconsiderato gesto della fuga.
Nella sua strategia di difesa Hargreaves tenta la carta più ovvia del disturbo da stress post-traumatico, come lo chiameremmo ai nostri giorni. Il giovane uomo era, in fin dei conti, l'unico sopravvissuto della sua squadra nella precedente offensiva. I proiettili, il freddo, i pidocchi e l'urlo lacerante dei feriti, uniti allo scoppio devastante delle bombe, avrebbero fatto impazzire anche il più freddo dei soldati.
Nessuna di queste attenuanti, tuttavia, riesce a smontare le tesi dell'accusa, tantomeno a scaldare il cuore di un medico sprezzante di fronte al bene psicofisico dei propri pazienti. Per quanto Hargreaves si arrabbiati, prima senza troppa convinzione, quasi piccato per il compito fastidioso, poi con maggior trasporto, dopo aver ridotto le distanze dal suo assistito, la sentenza è già scritta.
Per Joseph Losey il procedimento è un lento insinuarsi nelle smagliature della retorica militare allo scopo di mettere in luce la dissociazione tra i valori marziali dell'esercito e quelli degli uomini che lo compongono. Gli ufficiali, in linea di massima, preferirebbero ricorrere al buon senso anziché alla logica della ritorsione/punizione ma devono cedere alla consuetudine della pena per scoraggiare altri simili reati di insubordinazione.
"King & Country" non è un film anti patriottico, di per sé, ma non ammette sconti nella descrizione di un procedimento burocratico che inorridisce, se si pensa che fuori da quella improvvisata aula di tribunale gli uomini muoiono falcidiati dalle malattie e dalla stupidità dei governi.
La guerra è una latrina maleodorante, un esercito di ratti che trovano rifugio e sazietà nelle viscere di una carcassa, la rozza goliardia dei commilitoni, la cieca obbedienza a dubbi principi morali. La guerra di Losey, insomma, è orribile e cinicamente perora l'idea che gli uomini siano carne da macello e strumento di gloria per alcuni di essi.
La violenza si nasconde allo sguardo ma senza clamore si insinua nella bocca di un medico impassibile e nei giochi scaturiti dalla noia della trincea.
L'unico gesto di compassione è un colpo di pistola con il quale Joseph Losey centra, dritto dritto, la coscienza di ognuno di noi.
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