Regia di Miklós Jancsó vedi scheda film
Messo in scena secondo i canoni di una sorta di balletto, ispirato direttamente agli schemi della tragedia greca, e tutto ambientato nella puszta ungherese, "Elettra, amore mio" è un vero film maoista, con la sua esaltazione della necessità di una rivoluzione permanente, contro l'inevitabile imborghesimento di ogni tiranno, che per forza di cose instaura con il popolo un rapporto di padrone/schiavo (forse per questo, Jancsó era poco ben visto dal regime comunista ungherese, più legato alla nomenklatura sovietica di stampo staliniano e brezneviano). Con un uso poderoso e ponderoso del piano sequenza, il regista magiaro realizza comunque un film che riesce a non essere noioso né verboso, nonostante che i dialoghi procedano a raffiche discontinue. Gli attori, tutti aficionados di Jancsó, sono bravi, in particolare la Torocsik e Madaras. Come un po' in tutti i film del regista di Vac, abbondano i nudi, femminili e maschili. (20 giugno 2007)
Egisto festeggia i quindici anni del suo regno, iniziato con l'omicidio del fratello Agamennone. Nel frattempo Clitemnestra è morta e Oreste se n'è andato chissà dove ed è dato per morto. Soltanto Elettra rimane a fungere da cattiva coscienza del sovrano e a ricordargli l'orrendo delitto del quale s'è macchiato per scalare il potere. La ragazza spera nel ritorno di Oreste, perché il fratello compia la vendetta. E poi Oreste torna, uccide il tiranno e i suoi scherani, ma poi si scontra fatalmente con la sorella e i due si uccidono a vicenda, salvo poi risorgere e fuggire su un rosso e radioso elicottero.
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