Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Incontro e fusione elegantissimi e distillati di media artistici diversi: in Fontane Effi Briest Fassbinder crea il collegamento senza soluzione tra, principalmente, letteratura (la voce fuori campo che espone ampie sezioni testuali; le didascalie), pittura (la qualità dell'inquadratura e della fotografia giocata sul bianco e nero e le sfumature nel bianco; la cura dei particolari), teatro (i monologhi e la relativa staticità dei gesti; inquadrature spesso fisse ma vive, anche a volte impercettibilmente) e cinema (il montaggio con le sue contrazioni temporali; la linearità e fluidità dei movimenti di macchina; la finzione unita all'illusione di realtà, la prima rivelata per mezzo di espedienti costruttivi o con specchi disseminati a moltiplicare i punti di vista nello spazio o nello specchio stesso).
Ulteriore espediente di rivelazione, ma più "subliminale" e nei fatti non proprio universale, è l'intervento di parte della colonna sonora, quando Effi suona al pianoforte le prime battute di Le Gibet (La forca; costituite da lugubri, lamentosi e penzolanti si bemolle sostenuti da accordi cupi e desolati), movimento tratto da Gaspard de la nuit di Maurice Ravel. E' un brano composto nel 1908, quindi successivamente alla pubblicazione del romanzo di Fontane (1895): così avviene una manipolazione espressiva dei tempi storici e della "realtà", ancora una volta illusiva e inconsapevole per chi non ha mai sentito tale composizione per intero.
La forma aurea, apparentemente semplice ma aperta effettivamente a un vasto pubblico, racchiude un significato esposto già subito dopo il titolo, un incipit senza scampo, generico ma chiaro: molti che intuiscono le loro possibilità e i loro bisogni nondimeno accettano mentalmente l'ordine esistente attraverso le loro azioni, e di conseguenza lo rafforzano e lo confermano completamente. Non ci sono qui buoni e cattivi assoluti, ma un sistema pervasivo e regolatore. 8 1/2
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