Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Ideale prosecuzione di “Salita al cielo”, “L’illusione viaggia in tranvai” sostituisce il tram all’autobus ed è uno dei film messicani di Buñuel più liberi ed anarchici, dove l’anarchia è costituita da questo mezzo ormai in disarmo, condotto per di più da due ubriachi, che si muove per le strade di Città del Messico, raccogliendo chiunque, al di fuori di qualsiasi orario o percorso predefinito (il cartello sul muso del tram cambia più volte, in maniera quasi casuale). “L’illusione viaggia in tranvai” è la testimonianza che, parafrasando De Gregori, anche un mezzo con la “strada segnata […] può scartare di lato e cadere”. È questo il bello del cinema e di chi lo sa guidare verso strade che fuoriescono dagli itinerari prefissati. Ed infatti, il percorso del vecchio 133 è un continuo stop and go che prevede fermate notturne, retromarce e fughe sui binari morti, fino a piombare perfino su un set cinematografico. In questo itinerario anarchico, però, Buñuel riesce a darci un ritratto reale della “grande città”, con i suoi macellai, le beghine, gli scolari, i pensionati, i turisti stranieri (“una gringa!”), i bottegai affamatori e i pericolosi borsari neri, che non riescono tuttavia ad opporsi alla rivolta delle madri di famiglia.
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