Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
L’istinto e la spiritualità consumano la carne in ugual misura, come anche quell’insana mescolanza dei due opposti che è la superstizione. Se il primo ammorba il corpo con i veleni del vizio, la seconda lo strazia con il digiuno e l’arrendevolezza; però, tra diabolicità e santità, solo quest’ultima condanna davvero all’umiliazione e alla solitudine. Se il protagonista di Simon del deserto rifugge il peso della fisicità ritirandosi sopra un’altissima colonna, il sacerdote Nazarin, invece, sceglie di elevarsi al Cielo respirando, a pieni polmoni, la sudicia polvere di questa Terra. Furfanti, prostitute, appestati e mendicanti sono il popolo di cui egli si sente servitore, e da cui riceve poche cortesie e molti soprusi, scarsa gratitudine e abbondante disprezzo, senza mai abbandonare la sua docilità e la sua disponibilità al perdono. Il suo cammino è troppo diritto e indifferente alla fortuna e alla sventura e al turbinio dell’emozioni per poter essere quello di altri uomini: la sua inflessibile adesione alla volontà di Dio lo rende estraneo alle logiche terrene, che siano quelle della Chiesa secolare, dell’amor profano, delle gerarchie sociali o, più banalmente, dell’egoismo e dell’interesse materiale. Astenersi da tutto quanto sia stato imposto all’uomo a posteriori, e sia quindi avulso dalla purezza della creazione, è l’unico modo per mantenere intatto il messaggio della fede, che viene da lontano, essendo universale ed eterno, e non può dunque essere contaminato dai casi individuali ed immanenti. Il fango non sporca la bellezza della Parola, né la pietra la può indurire, così che essa si può posare dolcemente su tutto ciò che è brutto, rozzo, laido e che, a gli occhi della gente, è solo degno di essere insultato, percosso, scacciato. Quest’opera è una pellicola amabilmente ruvida, in cui la desolazione non è rappresentata, come nell’altro film citato, da una vuota landa sabbiosa, bensì da un paesaggio rurale che è un pittoresco agglomerato di degrado, liricamente impastato di miseria, violenza e degenerazione. Lo sfondo di Nazarin è la versione stilizzata di Las Hurdes, su cui Buñuel dipinge, con colori tenui, la celestiale possibilità di un riscatto, nella figura di un reietto come tanti, che non è un angelo e non cammina sulle acque, però riesce ad attraversare l’inferno senza bruciarsi e a sovrastare, con la preghiera, le urla dei dannati e il crepitio delle fiamme.
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