Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
La storia di un prete, un personaggio fra più amabili del regista, che ne racconta l’interiore ricchezza religiosa, rafforzata dalla consapevolezza della scelta cristiana che richiede sia l’adesione ai principi sia la disponibilità al sacrificio.
A differenza dei preti confratelli, Nazarin (Francisco Rabal) non è tentato dal carrierismo, dalla collaborazione col potere politico e disdegna l’eccesso di prudenza mondana della chiesa cattolica, braccio destro del potere politico esercitato dai dittatori più feroci nel Messico della fine degli anni ’40 (quando venne girato il film), così come nel Messico della dittatura di Porfirio Diaz (descritto dal romanzo di Benito Pedro Galdos -1895 – che ha ispirato il film).
Il Nazarin buñueliano è giovane, bello e istintivamente generoso; si tiene lontano dai peccati, ma non dai peccatori, che segue, anzi, con partecipazione affettuosa, aiutandoli a riconoscere la presenza di Cristo nei loro cuori.
La prima parte del film racconta la sua semplice vita da prete povero, disposto ad accogliere, e a soccorrere chiunque abbia bisogno di lui, che si priva del proprio cibo a favore di chi è più povero e più affamato di lui.
È, insomma, un povero Cristo destinato, come il suo antico Maestro, alla sconfitta: è la vittima non violenta dell’altrui aggressività, dell’avidità e della sete di potere.
La sua è una storia di progressiva emarginazione: la Chiesa non lo ama (il suo diretto superiore è preoccupato soprattutto dello scandalo sovversivo che la sua condotta eccentrica potrebbe suscitare); non lo amano le autorità politiche; non lo amano i maschi, insospettiti dalla presenza di troppe donne che egli ospita e aiuta nella sua casa.
Due di loro – Andara (Rita Macedo), prostituta ricercata dall’autorità e Beatriz (Marga Lopez), donna disperata che ha tentato il suicidio per amore – lo accompagneranno durante il doloroso calvario che lo porterà alla prigione e alla morte.
La sua profonda religiosità, disinteressata al potere e alla ricchezza, si era rivelata inefficace, purtroppo, a cambiare gli uomini, essendo i principi cristiani difficilmente praticabili laddove la scelta fra il bene e il male – presenti in tutti – non è aiutata dagli strumenti della cultura e della scienza – che favoriscono la consapevolezza di sé e della necessità di dominare gli istinti animali che sono in tutti e che tendono a prevalere.
Oltre a essere destinata al fallimento, le sue rinunce erano risultate incomprensibili, avevano creato sospetti e invidie, nonché imprevedibili guai, com'era accaduto quando i lavoratori di un cantiere, nel quale Nazarin si era fatto assumere accontentandosi di una paga irrisoria, si erano rivoltati contro di lui, accusandolo di aver svalutato il valore del loro lavoro, favorendo il padrone…
L’ambiguità del messaggio cristiano, inverata nell’involontaria ambiguità di Nazarin e del suo comportamento, è rappresentata icasticamente fin dall’inizio del film dall'ironico (blasfemo?) trasformarsi dell’immagine di Cristo, appesa davanti al letto di Andara delirante per la febbre, che assume, ai suoi occhi un inquietante ghigno derisorio.
In questo film trovano spazio alcuni dei temi sui quali Luis Buñuel rifletterà ancora, ovvero Viridiana, La Via Lattea e Simon del deserto, opere sul cristianesimo e sulle aporie che lo attraversano.
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Film presentato con successo nel 1959 (Gran premio della Giuria) a Cannes.
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