Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Si vede chiaramente la mano del regista, sia nel modo di girare che in molti elementi ricorrenti, ma secondo me questo si può annoverare tra i Bunuel minori. Ho avuto infatti l'impressione di una certa fiacchezza, o leggera piattezza. Il film cioè non mi sembra così vitale e geniale come molti altri del regista. La protagonista (un'impassibile Jeanne Moreau) è una donna piuttosto antipatica, soprattutto perché è doppia, e si sente superiore a tutti. Con i padroni usa le buone maniere che il suo mestiere impone, ma dentro di sé li disprezza e li condanna. Simula inotre amore e sentimenti che non ha per usare gli uomini al fine di raggiungere i suoi scopi. E' certamente vero quello che le dice il fattore, che cioè loro due si assomigliano molto, per quanto esteriormente sembrino diversi. E neppure lui, infatti, è una persona limpida e schietta. E' anzi un tipo torbido e scostante, e vuole una moglie bella solo per attirare clienti nel suo bar. L'ambientazione sono i turbolenti anni '20, tra inquietudini sociali e antisemitismo. Questo è comunque, secondo me, il film più politico di Bunuel, o forse l'unico film veramente politico. Il regista traccia inoltre alcune volte un rapporto univoco tra militarismo e religione, specialmente attraverso il personaggio del fattore. Elementi ricorrenti che si trovano in diversi altri suoi film sono il forte ma frustrato desiderio sessuale e, non lontano da qui, la mania sessuale segreta (la fissazione per gli stivaletti). Viene poi abbastanza spontaneo fare un collegamento tra la frustrazione del padrone di casa e la sua attività venatoria. Mancano, con mio dispiacere, gli elementi surrealisti e i simbolismi senza significato di altri film. Questo ha diversi elementi in comune con "Adolescenza torbida", che però mi piace molto di più. Si vedono qua e là, specie nei ruoli secondari, tutti gli attori che costituiranno una squadra quasi fissa per le pellicole francesi del regista.
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