Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Un punto di riferimento per i film a tema fuga carceraria, in particolare, e per il Cinema e la sua tavola dei tempi, in senso generale. Un capolavoro.
Questo film non è un capolavoro perché segna il punto di partenza di una lunga serie di pellicole sul tema della fuga dal carcere, lo è perché rappresenta una prova da manuale su come vadano gestiti i tempi nella rappresentazione cinematografica. E' al contempo un punto di partenza e di arrivo, una sorta di Meridiano di Greenwich in grado di fornire un riferimento assoluto e imprescindibile per tutto il cinema a venire. Se pensate che esageri, provate a vederlo. Malgrado la scena sia di una lentezza esasperante, la tensione è continua, lo spettatore quasi desidera che i minuti non passino, per guadagnare tempo, insieme al protagonista, al fine di rendere perfetto il piano di fuga. I rumori della cella, i fruscii stessi della pellicola, entrano nelle ossa e generano preoccupazione; un ambiente spoglio di ogni cosa, diventa ricettacolo di mille utensili da destinare al piano finale, mentre si intreccia la corda, si cercano grucce per ancorarla, si segnano solchi sulla porta da aprire e resta tempo (e come può mancarne in un carcere) per qualche breve dialogo con le altre umanità murate vive dentro quelle quattro mura. Mai visto un film tanto lento che, malgrado ciò, riesca così bene a instillare la tensione nello spettatore e portarlo dentro la cella, insieme al protagonista.
Straordinario ancor di più se si pensa che il cast è interamente composto da non professionisti.
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