Regia di Robert Bresson vedi scheda film
La messinscena scabra, caratteristica di Bresson, claustrofobicamente aristotelica guida lo spettatore in un percorso carico di una tensione, che non è diminuita per nulla dal fatto che la vicenda è narrata dal protagonista in prima persona né da un titolo volutamente esplicito, il quale sposta l’attenzione dello spettatore sulla riuscita della fuga ai meccanismi psicologici di un personaggio che persegue con meticolosa tenacia un obiettivo che potrebbe sfuggirgli da un momento all’altro.
P.S. Quando, commentando “Il buco” di Becker, avevo parlato (più o meno) di “messinscena bressoniana”, mi riferivo a film come questo, anche se è ovvio che i due registi perseguissero strade e risultati diversi, con stili del tutto peculiari.
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