Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Forse il miglior film in assoluto del regista: diverso da tutti gli altri che raccontano un'evasione dal carcere (in Francia ne sono stati fatti molti, come "La grande illusione" di Renoir o "Il buco" di Becker), pervaso da un senso religioso che esprime la presenza di una forza invisibile che vigila sulle azioni degli uomini, raccontato con uno stile scarno ed essenziale che mette in rilievo i particolari e frantuma il racconto in brevi sequenze scandite da dissolvenze incrociate. Tutta la parte finale della fuga dal carcere nazista rappresenta un puro momento di catarsi, lungamente atteso per tutto il film, ma la miracolosa riuscita della fuga rimane un mistero spiegabile soltanto alla luce della fede. Film ascetico, intensissimo, spoglio fino alla nudità: Bresson riesce a rendere perfettamente il senso di costrizione della vita carceraria, il desiderio di libertà dell'uomo e la sua lotta furibonda contro le avversità che potrebbero impedirne l'attuazione. Nonostante sia tratto dal libro del tenente André Devigny, che nel 1943 era riuscito a fuggire realmente dal carcere di Montluc a Lione, la vicenda è calata in una sorta di dimensione atemporale, con pochi riferimenti espliciti alla situazione storico-politica del momento. Tuttavia, nelle opere successive del regista il margine di libertà lasciato all'uomo si farà sempre più ristretto, e il pessimismo del regista sempre più integrale, con una netta opposizione alla visione fideistica che sprigiona da questo film. Premiato per la migliore regia al festival di Cannes nel 1957, in un'edizione in cui la Palma d'oro fu vinta da "La legge del signore" di Wyler, molto inferiore a questo capolavoro. Truffaut lo definì il miglior film francese degli anni'50 in una lunghissima recensione elogiativa che consiglio di leggere a tutti gli ammiratori del regista. Nel cast, certamente buono il contributo di Francois Leterrier che in seguito diventerà un regista, ma che qui ha il physique du role e riesce perfettamente ad accordare la sua recitazione alle direttive di Bresson con una prova tutta in sottrazione, dove però rimane comunque il segno della giusta espressività per caratterizzare il desiderio di fuga di questo Fontaine, il prigioniero nel quale è adombrato il vero tenente Devigny. Ovviamente lontanissimo dal film d'azione all'americana come potrà esserlo su un argomento simile "Fuga da Alcatraz", ma non privo di una sua peculiare suspense e di sequenze di evasione di Fontaine insieme all'altro prigioniero Jost girate magnificamente, con uno stile anti spettacolare che centra comunque il bersaglio.
Voto: 10/10
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