Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Il diario di un curato di campagna , di Robert Bresson ; (1950) - Durata: 110 minuti
Tratto da un Romanzo di George Bernanos , il grande autore francese strumentalizza il testo letterario originario per far comprendere la propria poetica per la prima volta al mondo intero in maniera definitiva. Nonostante i suoi primissimi lavori (Affari Pubblici , La contessa di Belfort , Perfidia) mostravano già tracce minimaliste che derivavano da una regia spesso essenziale ma allo stesso tempo perfetta , la parte contenutistica ancora acerba non permetteva di comprendere davvero il cineasta europeo. Con "Il Diario di un curato di campagna" attraverso una condensazione di tanta letteratura e filosofia (Tolstoj , Dostoevsjij , Jacob) e una rilettura dell'intera poetica di Dreyer , troviamo il primo film bressoniano a tutti gli effetti. Narra la storia estremamente tragica e drammatica di un giovane prete che attraverso l'utilizzo di un diario annota i drammi della propria esistenza , tra uomini beffardi che hanno completamente perso qualsiasi tipo di morale etica religiosa e figure alla ricerca di una qualche grazie divina , il disgraziato protagonista si trova immerso in una sorta di Via Crucis esistenziale e religiosa , anche attraverso una malattia che lo porterà all'inevitabile morte non solo spirituale ma anche fisica , un tumore all'intestino. Il film è un trattato di assoluto rigore tecnico , freddo , crudele ma per certi versi aperto (vedasi l'inquadratura finale su un crocifisso) alla grazie divina che l'uomo durante la vita terrena cerca di raggiungere. La sceneggiatura riesce a trasporre il diario in immagine cinematografica , con l'aiuto di un montaggio molto frammentato che entra letteralmente nella psiche contorta del povero prete , con sequenze brevi ma di rara intensità, inoltre i monologhi dello stesso prete , permettono di interpretare il film come una sorta di confessionale divino. L'opera è piena di rimandi spirituali e religiosi che il film emana in ogni dialogo , in ogni sequenza , che il volto perennemente sofferto di un grande Claude Laydu rende il tutto estremamente efficace.
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